mercoledì 31 marzo 2010

EYES ON FEET - da grande


perché
quando sono stato chiamato a decidere del mio futuro
nessuno mi ha informato dell'esistenza di professioni così
edificanti?
Cristiano Ronaldo

David Beckham

e Paolo Cannavaro
fratello minore
(ma con maggiori qualità)
del più famoso Fabio,
tra l'altro in versione avatar nell'ultima foto
in cui,
al confronto con l'omino che usurpa il mio posto,
sembra essere alto tre metri,
con tutto ciò che ne deriva.

forse non è ancora troppo tardi.
sono certo di poter imparare in fretta tutti i segreti del mestiere.
mi basterebbe un breve periodo di osservazione
sul campo!
e
con una mutanda d'acciaio
risolverei gli imbarazzi dovuti al troppo
slancio
per il mio nuovo lavoro!

martedì 30 marzo 2010

EYES ON FEET - habemus gay!



"Sono fiero di poter dire che sono un uomo omosessuale molto fortunato. Mi sento benedetto ad essere chi sono"

sebbene abbia trovato la forza di reprimere questa fierezza
per lungo, lungo tempo,
(nonostante una evidenza sempre più evidente)
alla fine
Ricky Martin
ci ha fatto la grazia.

purtroppo per lui
il sospirato coming out non lo affranca dalla sua colpa più grande,
di cui si dava conto
quasi un anno fa
nella rubrica
GRANDI DELUSIONI!

è vero.
i piedi di Ricky Martin
non sono all'altezza della sua figaggine
prima abbagliante
poi appannata
e infine ritrovata.
ma
quando non si hanno i numeri per vincere in termini assoluti,
guadagnare il podio è comunque possibile.
basta concorrere nella giusta categoria!
nessuno avrebbe cuore di negargli un buon piazzamento
fra le fila dei

GOOGLING - il gioco del dito dritto



sabato 20 marzo 2010

FEETISH - la porzione ideale


le cose fresche non piacciono solo a leo
e
ognuno
ha la sua porzione ideale!!

EYES ON FEET - Daniele Pecci


Daniele Pecci
mina vagante
eccessivamente infrocita,
nel film di ozpetec
gli ha dato giù di palestra,
probabilmente per incarnare ancor meglio
il nuovo stereotipo gay.

il risultato c'è,
inutile negarlo,
anche se nella sua versione al maschile,
meno fisicata
e con più pelo
è senz'altro da preferire
il piede, tuttavia, non si può promuovere a pieni voti!
la pianta è larga,
la misura è buona
ma manca di carattere!
dita troppo piccole
e poco formate
alluce debole.

è uno di quei casi in cui
ci si ferma nel mezzo;
in cui sarebbe necessaria una valutazione dal vivo
per prendere
a ragion veduta
la posizione più giusta!
io,
da sempre al servizio della verità,
sono pronto al sacrifizio.

sabato 13 marzo 2010

FEET IN TRANSLATION - Il mio nuovo vicino - sesta parte

per la rubrica


ardua è la strada per diventare un bravo servo!


Il mio nuovo vicino

sesta parte


Paul lavorava nel suo garage già dal primo pomeriggio. Io tornavo dal supermercato. Appena uscito dalla macchina, prima di iniziare a portare in casa la spesa, feci finta di aver perso qualcosa per potermi inginocchiare di fronte al mio padrone, in segno di rispetto.
Dopo aver sistemato la spesa, mi presi un po' di tempo per osservare Paul dalla finestra. Stare lì a guardarlo era un piacere. I suoi movimenti erano così atletici e risoluti. Mi perdevo ad ammirare quei muscoli all'opera. Mi divertiva anche vedere la reazione dei vicini alla vista di Paul. Era arrivato da poco nel quartiere ma aveva attirato l'attenzione di tutti, lavorando in giardino senza maglietta! Sembrava che ognuno sentisse il bisogno di presentarsi, e fare conoscenza, di essere carino con lui. Quando mi trasferii io nello stesso quartiere nessuno venne a salutarmi, nessuno mi portò neanche un cestino di muffins! Invece sembrava che tutti percepissero l'aura che promanava da Paul, sembrava che ognuno volesse essergli vicino per brillare di luce riflessa, almeno un po'.
Tutte quelle attenzioni rallentavano il suo lavoro ma Paul non era certo insensibile all'adulazione.
Arrivarono anche Alan e Karen Waterman. Vivevano un paio di isolati più avanti, nella zona dei “ricchi”. Alan era il figlio di George Waterman, proprietario di una importante ditta di riparazioni idrauliche. Karen era la sua splendida moglie-trofeo. Alan non assomigliava molto al padre. George era brillante ed ingegnoso. Lui invece era un pallone gonfiato, presuntuoso e pieno di sé. Passando davanti al garage di Paul, anche loro non esitarono a fermarsi per fare due chiacchiere. Dopo neanche un minuto sembravano ipnotizzati da lui. Non riuscivano a togliergli gli occhi di dosso, nessuno ci riusciva, in effetti. Conversando, il mio padrone staccò un ramoscello da un albero a cui era appoggiato. Un gesto insignificante che però metteva in risalto il suo braccio possente. Karen era completamente in balìa di Paul mentre Alan, furtivamente, studiava il suo fisico. Ad un tratto notai qualcosa di veramente divertente. Alan, senza neanche accorgersene, chinò la testa più volte di fronte a Paul, sembrava proprio che si inchinasse a lui, con rispetto. Era buffo, non se ne accorgeva neanche ma era chiaramente in suo potere, e anche Paul, ne sono certo, percepiva quella voglia di subordinazione.
Me ne tornai alle mie faccende domestiche. Cercavo di tenere la casa sempre in ordine, volevo che fosse all'altezza del mio padrone in ogni momento avesse avuto voglia di vedere il suo schiavo.
Circa un'ora dopo, Paul entrò in salotto, zuppo di sudore, accaldato, dopo aver lavorato tutto il tempo sotto al sole. Automaticamente baciai i suoi piedi e mi misi in posizione di attesa. Riuscivo a sentire il calore del suo corpo e il profumo del suo sudore, che già cominciava a diventare familiare.
“Leccami il sudore dalle ascelle”, disse semplicemente. Scattai subito in piedi e cominciai a leccare, facendomi strada con la lingua fra i suoi peli. Mi piaceva il suo odore, mi sembrava così incredibilmente “maschile”. Avrei potuto rimanere a leccare per ore. Adoravo sentire i suoi peli sul mio naso mentre raccoglievo con la lingua quel sudore salato. Paul, senza dire niente, prese la mia testa e la spostò facendola affondare nell'altra ascella. Quando ritenne di esser soddisfatto si tolse i pantaloni e gli slip, si mise comodo sul divano e accese la tv. La mia faccia era ancora tutta bagnata del sudore delle sue ascelle. Ero rimasto in piedi, estasiato da quella nuova esperienza. Paul schioccò le dita e indicò il pavimento. Mi inginocchiai fra le sue gambe, la mia faccia era all'altezza del suo pacco.
“Fammi un bel lavoretto con la tua lingua, schiavo”, ordinò. Iniziai a leccare dal basso verso l'alto, cambiando spesso il senso, e inumidendo con cura tutto il glande. Poi mi dedicai alle sue palle. L'odore era intenso ed io ero in paradiso mentre assaporavo ogni centimetro del cazzo del mio padrone.
Ad un tratto Paul tirò le gambe al petto ed io mi ritrovai il suo sedere davanti agli occhi. “Fammi vedere se sei altrettanto bravo a leccarmi il culo!”, disse. Io istintivamente mi feci indietro. Sapevo che quello che mi stava chiedendo il mio padrone era uno dei compiti dello schiavo, ma mi sentivo preso alla sprovvista. Era pulito? Poteva esserlo dopo che Paul aveva passato tutto il pomeriggio a lavorare sotto il sole? Stavo per dire a me stesso che, in ogni caso, non avevo scelta, quando un pugno mi centrò in pieno l'occhio sinistro, stendendomi a terra. Paul fu subito sopra di me. Continuava a colpirmi sul petto e nelle palle mentre io cercavo di rannicchiarmi su me stesso per proteggermi. “Senti, patetico frocetto, non me ne frega un cazzo se pensi che leccarmi il culo sia pericoloso, schifoso o qualsiasi altra cosa passi per la testa di un inferiore come te. Tu ti metti in ginocchio e infili la tua lingua fra le mie chiappe o ti faccio svenire a forza di botte.”
Ero terrorizzato. Il mio padrone si mise di nuovo seduto. Non fece in tempo ad alzare le gambe che la mia lingua era già attaccata al suo sedere. Più leccavo intorno al buco più mi rendevo conto di quanto fosse piacevole. Come tutte le cose di cui avevo paura prima di averle provate, anche questa diventò puro godimento.
Mi vergognavo di aver esitato nell'eseguire un ordine del mio padrone. Avevo infranto una delle regole più importanti della schiavitù, dando a Paul l'impressione che mi facesse schifo l'idea di appoggiare la mia lingua in una parte qualsiasi del suo corpo perfetto. Ero consapevole di essere un inferiore, messo sulla terra per servire maschi dominanti e sapevo che ogni volta che il mio padrone mi permetteva di toccare il suo corpo dovevo sforzarmi di manifestare la consapevolezza di quale onore fosse per me, esaudendo con slancio ogni piccolo gesto che potesse procurare al mio padrone anche un minimo piacere. Avevo fallito come schiavo.
Dopo un po' Paul mi fece raggiungere il bagno, camminando a quattro zampe, come un cane. Si fece una doccia e per me fu davvero una soddisfazione perché entrai in doccia con lui per lavarlo con le mie mani. Cercai di gustarmi ogni momento perché per me erano poche le occasioni in cui poter toccare il suo corpo come avrei voluto. E invece ora potevo sentire i suoi muscoli perfetti sotto le mie mani. Gli confessai quanto lo ammirassi. Il piacere di essere vicino a lui, in quel momento, certamente mi ricompensava del dolore provato solo pochi minuti prima. E, come degna conclusione di quel momento memorabile, Paul decise di pisciarmi addosso. Dopo averlo ringraziato, lo asciugai e lui mi mandò a prendergli i suoi vestiti puliti. Al mio ritorno lo trovai di nuovo sul divano, a guardare la partita. “Padrone”, gli dissi, “scusami ancora per la mancanza di rispetto. Grazie per avermi punito come meritavo”.

Come previsto, un bel livido nero incorniciava il mio occhio già domenica mattina. Il lunedì, in ufficio mi inventai un incidente durante i lavori di giardinaggio. Un ramo che stavo potando mi era franato sull'occhio. Sembrò abbastanza plausibile, anche perché la stessa cosa mi successe per davvero qualche anno prima. Richard però mi prese da parte e pretese che gli raccontassi quello che era successo realmente. Gli confessai che il mio padrone mi aveva dato un pugno in un occhio per essermi rifiutato di leccargli il culo. Dopo avermi riso in faccia, il mio collega se ne andò, sbattendo la porta!
Di ritorno dall'ufficio, quello stesso giorno, trovai un pacco in veranda, ad aspettarmi. Sapevo di cosa si trattasse. Dovevano essere la frusta e il paddle che Paul mi aveva fatto comprare. Non morivo dalla voglia di consegnargli quegli strumenti di dolore ma non avevo scelta. Glieli mostrai qualche ora dopo, e, come temevo, il mio padrone pensò subito di provarli su di me, per puro divertimento. La frusta lasciò qualche ferita sulla mia schiena, che faceva il paio con l'occhio nero. Mi ordinò di appendere al muro, in camera mia, quei due nuovi giocattoli. Così feci, appena se ne andò. Li fissai sul muro di fronte al letto, in modo che fossero le prime cose che avrei visto svegliandomi la mattina, e le ultime andando a dormire. Paul aveva ragione. Incutevano il giusto timore.
Martedì sera, prima delle sette, il padrone era di nuovo a casa mia, ma non aveva molto tempo per il suo schiavo. Mi spiegò che sarebbe arrivata Karen Waterman, di lì a poco. Le aveva dato appuntamento da me per potersela scopare in pace. Quando arrivò, mi mandò nello sgabuzzino ordinandomi di starmene buono e zitto. Sapevo di non aver nessun diritto di essere geloso ma era più forte di me! Dovevo starmene rinchiuso in una stanzetta senza finestre mentre quella puttana se la divertiva con il mio padrone e il suo gran cazzo. Di sicuro l'avrebbe fatta urlare come un animale. Una volta finito, lei se ne andò via in fretta, e Paul mi fece uscire. Ero di cattivo umore ma decisi di sforzarmi per non farglielo notare. Subito dopo avermi liberato se ne andò anche lui, ovviamente senza neanche una parola di ringraziamento. A me toccò solo il compito di ripulire il casino che avevano fatto in camera mia.
Che allegria quando, il giorno dopo, mi si ripresentò la stessa situazione! Io non avevo il pisello del mio padrone nella mia bocca ormai da domenica e ne avevo incredibilmente voglia. Invece dovetti limitarmi a preparare le cose affinché qualcun'altra potesse goderne al posto mio. Ma sapevo che ciò che importava realmente era soltanto il piacere di Paul, quindi eseguii gli ordini, senza fiatare.
Giovedì sera ero nel garage, insieme al mio padrone. Paul voleva finire di mettere a posto la Mustang per poterla regalare a Joe, che compiva gli anni di lì a un mese.
Il ragazzo ci raggiunse per chiedere al padre le chiavi della macchina, ma Paul rifiutò di dargliele dicendo che gli sarebbe servita qualche ora più tardi. Joe allora si rivolse a me. “Dammi le chiavi della tua!”. Dare la mia BMW praticamente nuova di zecca ad un liceale? Neanche per sogno.
“Non posso”, risposi.
“Dammi le chiavi, idiota”, incalzò Joe.
Sperai di trovare nel mio padrone un appoggio. “Non voglio dargli la mia macchina”, dissi, rivolto verso di lui, piagnucolando.
“Dammi quelle chiavi”, disse Paul. Gliele porsi senza ribattere. Lui le passò a Joe e mi disse: “Se riesci a riprendertele, Joe non userà la tua macchina!”
Joe venne verso di me con un ghigno sulla faccia. Mi spinse e poi cominciò a darmi degli schiaffetti in faccia, deridendomi. “Sì, dai, riprenditi le chiavi, frocetto”, mi diceva mentre le faceva penzolare di fronte ai miei occhi. “Dai, sono solo un ragazzino, vado ancora a scuola, tu sei un adulto”. Dopo dieci minuti di tormento e di imbarazzo chinai la testa. Non c'era modo di riprendermi le chiavi. Joe avrebbe potuto schiacciarmi come un insetto. Lui, soddisfatto, si infilò in macchina, fece per andarsene ma si fermò di nuovo di fianco a me, tirò giù il finestrino: “Dammi dei soldi per la benzina, servo”, disse allungando una mano. Dal portafogli tirai fuori venti dollari. “Ancora!”, disse, semplicemente. Gliene diedi altri venti. Tirò su il finestrino. Ingranò la marcia e sgommò via lasciando due strisce nere sul vialetto.
Grazie al cielo, la mia macchina era al suo posto venerdì mattina. Era giorno di allenamento e non avrei saputo come fare altrimenti per arrivare in tempo da Clayton. Trovai le chiavi nel cruscotto. La macchina non sembrava messa male anche se, guardando il sedile posteriore, era evidente che qualcuno ci avesse fatto sesso! Bella storia, per la terza volta in una settimana mi ritrovavo a pulire un casino di “quel” genere.
In palestra, Clayton manifestò il suo disappunto (!) per i miei scarsi progressi nel trattenere il respiro. E io che pensavo che i dieci secondi che ero riuscito a conquistare dalla settimana precedente fossero un buon risultato.
Più tardi, durante l'allenamento, un ragazzo mi squadrò per qualche minuto poi si avvicinò a Clayton. “Dove cazzo hai trovato questo sfigato?”
Clayton, con tutta naturalezza rispose: “È il succhiacazzi di un socio. Mi ha chiesto di rimetterglielo in forma in modo che non si dovesse vergognare di lui”
Non potevo credere che Clayton fosse stato così indiscreto. Dopo tutto ero anch'io un socio, ero anch'io un cliente. E, per di più, gli sganciavo cinquanta dollari extra per ogni seduta, oltre al costo dell'abbonamento. Mi avvicinai a lui e, sforzandomi di essere il più gentile possibile, “Ti sarei grato se non lo facessi più”, gli dissi.
Lui rispose soltanto “Oh, ok!”. Poi mi portò in una delle salette della palestra. Chiuse la porta, delicatamente e, subito dopo, mi attaccò al muro tirandomi su per la maglietta! Mi teneva bloccato. Io ero così impaurito che non provai neanche a ribellarmi. “Stammi a sentire, patetico leccapiedi, schiavo del cazzo, non ti azzardare mai più a dirmi quello che devo o non devo fare. Non prendo ordini da un frocio inferiore come te. Sei tu che prendi ordini da me, sono stato chiaro?”, disse tutto questo urlando come un pazzo. Non sapevo se aver più paura di lui o del fatto che tutti i soci della palestra potessero essere a conoscenza della mia vera natura, da quel momento esatto.
Con un filo di voce mi scusai con Clayton. Giurai che non sarebbe successo mai più.
Cosa mi ero messo in testa? Riprendere il comportamento di un maschio dominante come Clayton? Lo pregai di tornare all'allenamento e, con sollievo, riuscii a portarlo a termine senza irritarlo ulteriormente. Sapevo però che avrei dovuto confessare il mio nuovo errore a Paul e sapevo anche che non ne sarebbe stato affatto contento.
“Signore, credo di dover essere punito un'altra volta”, dissi più tardi quella sera.
“Cos'hai combinato ancora?”, mi chiese Paul, annoiato.
“Mi dispiace molto, Padrone. Ho agito senza pensare. Clayton ha fatto un commento degradante su di me parlando con qualcuno, in palestra, ed io mi sono permesso di farglielo notare”, spiegai. “Lui si è arrabbiato molto. Mi sono scusato con lui e gli ho promesso che non sarebbe più successo.”
“Ok”, disse Paul. “È ora di provare il paddle!”. Mestamente andai in camera da letto e staccai quella paletta formato gigante dal chiodo a cui era appesa e la consegnai al padrone.
“Decidi tu quante”, mi disse, “ma è meglio che il numero sia appropriato o sarà peggio per te.”
Non avevo idea di quale avrebbe potuto essere un numero appropriato per il mio padrone. Dopo un po' mi buttai, “Venticinque, Signore.”
“E siano venticinque, allora”, rispose.
Neanche il tempo di sentirmi sollevato per aver azzeccato la risposta, che già arrivava l'ordine di prendere la posizione. Le braccia di Paul erano incredibilmente forti e lui non si sprecò di certo. Il dolore ad ogni colpo era più forte. Dovevo assolutamente imparare a tenere la bocca chiusa.
Il sabato pomeriggio ero di nuovo nel garage di Paul. Joe mi venne incontro. “Chiavi!”, disse, senza aggiungere altro. Gliele consegnai senza ribattere. “Ah, e non ho tirato l'acqua nel cesso. Te ne occupi tu, giusto?”, la buttò lì mentre andava via, facendomi l'occhiolino!
Quando ritornò, quella sera, Joe si affacciò alla mia porta e gettò le chiavi sul pavimento, senza dire neanche grazie. In più lasciò un borsone pieno di panni sporchi. Erano le uniformi che indossava per il baseball, mutande e calzini. “Passo a prendere tutto domani mattina” e se ne andò, con la certezza che l'indomani avrebbe sicuramente trovato tutto pronto! Joe stava veramente cominciando a prenderci gusto.
Una volta fatta la lavatrice per Joe, mi fermai un momento a riflettere su tutti gli sbagli che avevo commesso in pochi giorni. Pensavo di saper essere un bravo servo e invece continuavo a fare stronzate. Presi la decisione di essere più meccanico nel recepire e nell'eseguire gli ordini da parte di maschi veri e di tenere la bocca chiusa il più possibile. Sapevo di poter essere uno schiavo modello ed avevo intenzione di dimostrarlo.

giovedì 11 marzo 2010

GRANDI DELUSIONI - Keanu Reeves

è tempo.
 
da molto ormai imperversa il buonismo
anche in queste pagine.
solo amorevoli sentimenti e petali di rose
ma
c'è bisogno di spine,
c'è bisogno di lacrime!
 
torna dunque
la rubrica
ed esige il suo tributo.
sull'altare sacrificale
sale oggi
Keanu Reeves.

bello
direi,
bello e impossibile
con gli occhi neri
e il suo sapor mediorientale,
raggiunge il suo massimo
nell'epoca d'oro di Speed
eppure
come a volte succede
tanta beltà
nasconde la magagna.
la si può tenere celata, denudandosi il meno possibile
(o il più tardi possibile,
quando ormai le trappole sono scattate
e la preda non può più tirarsi indietro)
la si può camuffare
con sapienti angolature
e studiate sovraesposizioni
ma quando i riflettori sono distanti
e si è deciso di vivere la vita dell'artista maledetto
le prime verità saltano agli occhi
la foto sgranata
tipica del paparazzo
non riesce a nascondere un piede senza carattere
liscio
con dita piccole
e cipolla incipiente

come è possibile?
come può
Keanu
tradire in questo modo il feet-lover?
la reputazione del surfista in incognito di point break
e del cioccolataio spiantato che
nel profumo del mosto selvatico
pigiava l'uva con cotanti piedi
può
tale reputazione
essere infamata da una foto neanche degna di novella2000?

constantine,
ennesimo film visionario post-matrix
suggella in una sequenza
il doloroso caso di Keanu Reeves

la caviglia è forte
la pelle bianchiccia e senza peli
le dita sono piccole appendici mal sviluppate
attaccate al resto in modo casuale
ma
il disastro
si concentra
nelle unghie
rapaci e lunghe.
mi chiedo,
al cinema non si va per sognare?
perché non lasciare al feet-lover il miraggio di un piede perfetto?
alla cruda realta dell'artiglio del grifone
avrei senz'altro preferito l'illusione
di una controfigura ben pagata!

EYES ON FEET - non tutto si trova all'IKEA

week-end in arrivo
nessun programma
mi dedicherò al bricolage!

martedì 9 marzo 2010

Mario Balotelli VERSUS Cristiano Ronaldo

piuttosto che onorare l'impegno di domani
preferirei sottopormi ad una seduta di
ballbusting!
e quale miglior categoria
se non quella del calciatori
per trovare il ballbuster più adatto?

dopo una lunga selezione
sono arrivati al testa a testa finale
due candidati dalle opposte caratteristiche.

mario balotelli

cristiano ronaldo

scegliere fra i due è molto difficile.
un purista dell'estetica non avrebbe dubbi.
cristiano ronaldo
è
laccato
lucidato
profumato
è trendy
è il re del metrosexual
la ciabatta non è mai casuale.
mai un pantalone lungo
passa la sua vita su yacht e barche a vela
i suoi piedi,
formati, per carità,
con un bell'arco, non si può dire il contrario,
saranno senz'altro lisci e morbidi come quelli di un bambino,
con unghie curatissime...
...talloni levigati dalla pietra pomice...
...e abbronzatura sempre perfetta.
ma
a forza di vestiti firmati e sopracciglia curate,
cosa rimane del fascino un po' animalesco
che ogni velina
pretende di trovare nel calciatore famoso?
come si può criticare quel genio di Paris Hilton
se decide di liquidare proprio Cristiano Ronaldo
dopo averlo accusato di guardarsi allo specchio molto più spesso di lei?

dopo l'occhiale da sole specchiato a goccia,
la scarpa nike immacolata,
la maglietta d-squared ROSA,
l'orecchino di perla,
il pantaloncino inguinale e cangiante
e la gamba depilata,
cosa rimane del maschio?

allora sono pronto a correre il rischio
di un piede non bello
di un'unghia non curata
pur di trovare una virilità non inquinata (ancora)
da giornali di moda e offerte pubblicitarie.
balotelli
ha il fascino ormai raro
dell'etero non informato sul fenomeno dell'omosessualità.
credo proprio di aver fatto la mia scelta!

giovedì 4 marzo 2010

OFF TOPIC - troppo bello per essere gay


proprio non capisco
tutto questo accanimento
sulle inclinazioni sessual-amorose
di Valerio Scanu!

in camera di mia madre,
per esempio,
ci sono decine e decine di foto incorniciate
che ritraggono i miei due fratelli,
etero fino al midollo,
con i capelli ricci, cotonati e lucenti come quelli di Afef
mentre mostrano,
con maschia fierezza,
il proprio cane
(rigorosamente razza chiwawa, mica pitbul)
 
o il feroce anatroccolo

povero Valerio!
quanta invidia lo circonda!
e poi l'ha detto lui stesso...
...non è gay...
...è soltanto molto bello!