domenica 29 luglio 2012

FEET IN TRANSLATION - Ron

per la rubrica



una storia ritrovata per caso
tradotta dall'inglese
con qualche piccola aggiunta
e soprattutto una completa rivisitazione del finale
inspiegabilmente lugubre nell'originale
e molto più adatto a sognatori romantici europei
nella mia versione.


Ron


Ho incontrato Ron ad una festa. Un appartamento minuscolo pieno di gente.
C’erano pochissime sedie, tutte già occupate e continuavo a mangiare dal mio piatto di carta, seduto ai suoi piedi. Lui sedeva su una poltroncina e sembrava assorto in qualche articolo su GQ. Il suo abbigliamento firmato reggeva il confronto con le costosissime scarpe italiane di pelle e i calzini ricercati. Aveva un'aria superba ed arrogante quel ragazzo di ventun anni. Trasudava regalità e classe. I suoi capelli biondo scuro, un po’ scapigliati, come se il vento ci avesse giocato fino a un momento prima, lo rendevano ancora più intrigante. Erano arruffati, ribelli, non curati, e aumentavano da morire il suo fascino. Lo facevano sembrare più abbordabile. Aveva penetranti occhi blu e una leggera barba incolta che aggiungeva il giusto tocco di mascolinità.

Eravamo entrambi un po’ ubriachi. Io mi sentivo così tanto a mio agio da commentare liberamente i suoi calzini, come se fosse un abituale argomento di discussione e confessando, non contento, di avere un'insaziabile passione per i piedi. Credo di avergli detto a un certo punto che stavo lottando con tutte le mie forze per non sfilare le sue scarpe e annusare i suoi piedi. Senza esitare un attimo, il giovane figo mi sorride e mi piazza un piede sul pacco (già duro).
Pochi momenti di eccitazione confusa e mi ritrovo disteso sul pavimento nel bel mezzo della festa, con entrambi i suoi piedi a mia disposizione. Uno sul mio petto. L’altro appoggiato sul mio uccello, che gridava la sua voglia di uscire da dentro i pantaloni! Ron sosteneva di non aver mai incontrato nessuno a cui piacessero i piedi ma che doveva arrendersi all’evidenza che i suoi piedi me lo stavano facendo venire duro!

Passammo la notte insieme. Iniziammo a frequentarci. E nel giro di una settimana ero completamente innamorato di lui. E lui di me! Eravamo compatibili sotto molti punti di vista, sia spirituale che fisico. E sentimentalmente, in quel momento, eravamo nelle stesse condizioni. L’unico problema era scarsa sintonia a letto, almeno all'inizio! Ma quando Ron cominciò ad assecondare la mia passione per i piedi, scoprì due cose. La prima, che farseli leccare gli piaceva proprio. La seconda, che più mi trattava come il suo servo personale e più la sua fantasia si accendeva. In poco tempo si rese conto di quanto implacabilmente io fossi diventato dipendente dai suoi piedi, di quanta naturale predisposizione avessi nel servirlo e nel giro d tre settimane di convivenza, Ron diventò un esperto nell’esercitare la sua autorità su di me e la mia vita fu per sempre stravolta.

Presto si crearono dei riti che scandivano le nostre giornate insieme.
Ogni mattina quel ragazzo biondo dall'aspetto angelico pretendeva che mi svegliassi prima di lui, delicatamente scivolassi fuori dal letto e gli preparassi il caffè. Dopodiché era preciso ordine inginocchiarmi in fondo al letto, infilare la testa sotto le coperte e, lentamente, devotamente, leccare le piante dei suoi piedi nudi per farlo svegliare. Lui non muoveva un dito se c'ero io che potevo farlo al posto suo. Fisicamente lo tiravo su dal letto per metterlo seduto. Aggiustavo i cuscini dietro la sua schiena per farlo stare comodo. Ero io a portargli il vassoio con il caffè, ad accendergli la televisione sul suo programma preferito e a succhiare le dita dei suoi piedi, devotamente, con cura mentre lui sorseggiava il suo caffè e guardava la televisione, senza dire una parola. Leccavo tra un dito e l'altro quei piedi meravigliosi fino a che Ron non mi ordinasse di portar via il vassoio.

“Sbrigati, ho bisogno di un tappetino per i miei piedi!”, diceva, ed io ero stato addestrato a togliermi la maglietta e buttarmi faccia in giù sul pavimento così che lui potesse poggiare i piedi nudi sulla mia pelle calda invece che sul 'freddo' parquet. (il fatto che il mio viso e il mio petto nudo poggiassero invece sul freddo parquet non era rilevante, per nessuno dei due). A Ron piaceva riscaldare i suoi piedi sulla mia schiena mentre mi dettava gli ordini per la colazione. Una volta finito aspettavo uno schiocco delle sue dita per iniziare l'adorazione del mattino. Scattavo a pancia all’aria per poter ricevere i suoi piedi direttamente in faccia, ricoprirli di baci e, fra un bacio e l’altro, recitare il mio mantra del buongiorno, “Io ti adoro, SIGNORE. Io ti adoro, Ron. Vivo per stare sotto i tuoi piedi. Tu e il tuo corpo perfetto siete tutto ciòa cui penso, mattina, pomeriggio e sera. Io vivo per compiacerti, Signore. Non c’è niente che non farei per il mio Re. Tu sei il mio Dio sulla terra e io a te sacrificherò la mia comodità, il mio denaro, il mio tempo, la mia volontà. Solo per te, mio Principe perfetto, solo per l’onore di avere questi splendidi, preziosi piedi sulla mia faccia da servo”. Il mantra durava fino a che faceva piacere a Ron, fino a che lo divertiva. Alcune mattine giusto qualche minuto, altre anche mezzora. E io non osavo smettere di baciare o di adularlo per un solo istante fino a che lui non decidesse di fermarmi semplicemente dicendo “BAGNO!”.
Allora diventavo il suo tappetino personale. Mi allungavo perpendicolarmente al letto fino a raggiungere con la mia testa la porta del bagno, lasciata sempre aperta. Così disteso aspettavo che Ron camminasse su di me senza bisogno di toccare il pavimento con i piedi. La mia testa, girata di lato, aveva l'onore di ricevere il suo ultimo passo prima di raggiungere il bagno. Lui mi passava sopra senza alcun riguardo, prendendo il suo tempo, confidando nel fatto che fosse la cosa più naturale da fare, sia per lui che per me. Gli ordini prevedevano che io rimanessi immobile in quella posizione mentre Ron pisciava, mentra faceva le sue cose, in modo che potesse tornare indietro fino al suo letto, passando di nuovo sopra di me. Una volta seduto, avevo il permesso di infilargli i calzini di spugna e le Nike ed aiutarlo a indossare i pantaloni della tuta.
Fatto questo, ero immediatamente a quattro zampe affinché lui potesse cavalcarmi come un mulo fino ai suoi attrezzi da palestra. Mentre Ron si allenava io preparavo quello che mi aveva ordinato per colazione. Quando finiva i suoi esercizi, suonava un campanello. Io lasciavo immediatamente qualsiasi cosa stessi facendo per assumere di nuovo la posizione del mulo sotto le sue gambe e portarlo in cucina per la colazione. Ron mangiava ed io strisciavo sotto al tavolo per il primo “TRATTAMENTO DEL GIORNO”: avevo il permesso di togliere le Nike e lasciar sprofondare il mio naso nei sui calzini bianchi assaporandone la fragranza di sudore per tutto il tempo della colazione. Quando Ron chiamava i “tre minuti” io avevo il permesso di togliere velocemente i suoi calzini e spendere quel poco tempo leccando il sudore deliziosamente salato dai suoi piedi stanchi dopo l'allenamento.
“Ho bisogno che il mio piccolo schiavo mi porti in bagno!”. Ancora una volta mi saltava in groppa e aspettava che lo portassi in bagno e che, ovviamente, lo lavassi dalla testa ai piedi. Ron aveva preso l’abitudine di cavalcarmi dozzine di volte al giorno. Dopo la doccia camminava ancora una volta sopra di me per raggiungere il letto, dove poteva distendersi e rilassarsi mentre io pensavo al deodorante, alle lozioni, al profumo.
Dopo averlo completamente vestito, si sedeva sulla poltrona da barbiere che mi aveva fatto comprare, pagandola carissima e leggeva il giornale mentre io mi occupavo di pettinargli i capelli. Dopodiché mi inginocchiavo per lucidargli le scarpe. Ai suoi “DUE MINUTI” io, ancora completamente nudo, avevo centoventi miseri secondi per vestirmi ed essere a quattro zampe per portarlo alla porta di casa, aprirla, farlo scendere dalla mia schiena e poi precederlo per aprire per lui lo sportello della macchina, dal lato del passeggero. Allacciavo la sua cintura di sicurezza e lo portavo al lavoro.

Lavorava in un elegante grande magazzino come responsabile delle vendite nel settore dei profumi e faceva davvero molti soldi. E questo, insieme allo sconto dipendenti sulla merce del negozio, gli permetteva di vestire sempre come un modello. Durante il primo turno di lavoro di Ron, io correvo a casa per fare il letto, pulire il bagno, i piatti della colazione e per preparare il pranzo. Appena finito tornavo al negozio e lì lo aspettavo, in piedi e con lo sportello della macchina aperto, fino a che usciva. Una volta a casa, mi gettavo a terra dopo avergli aperto la porta, così che lui potesse pulirsi le scarpe sul dorso della mia camicia.
Si sedeva sulla sua poltrona preferita ed io ero subito pancia a terra, talmente tanta era l'impazienza di adorare le sue scarpe, baciare le sue caviglie. “Mi sei mancato così tanto, Padrone. Odio quando non ci sei. Grazie, mille volte grazie per esser tornato per pranzo e per il privilegio di lasciarmi strisicare ai tuoi piedi perfetti. Tu sei il mio mondo, Padrone.”, “LECCA!”, rispondeva, distratto. “Vuoi quello che c'è dentro le mie scarpe? Allora te lo devi meritare! Lecca via con la lingua tutta la sporcizia che ho raccolto per strada e dimostrami quanto adori essere il mio leccapiedi.” E io, che già avevo iniziato a leccare, leccavo ancora più avidamente. “Ora puoi cominciare a sfilarmi una scarpa alla volta, lentamente – diceva Ron – baciando ogni millimetro di calzino che esce!”, “Sì, Signore! Grazie Signore – rispondevo io completamente in estasi – Grazie, grazie, grazie!” Quel paradiso durava almeno mezzora. Poi gli portavo il pranzo su un vassoio, glielo sistemavo in modo che fosse comodo, accendevo la televisione e assumevo la posizione del tavolino, offrendo al mio Padrone un piano comodo su cui appoggiare i suoi piedi.
Mentre mangiava, generalmente giocherellava col mio naso per massaggiare le piante dei suoi piedi, mentre io non riuscivo a smettere di coprire di baci tutto ciò che mi capitava a portata di bocca.
Finito il pranzo, lo riportavo al lavoro e tornavo di corsa a casa per svolgere il mio di lavoro. Ron mi aveva obbligato ad accettare un lavoro che potessi svolgere da casa, online, e così ero diventato consulente per una piccola casa editrice.

Circa tre settimane dopo, la routine già funzionava alla perfezione. Rispettavo i tempi in modo così naturale da riuscire a godere di ogni singolo attimo della presenza di Ron.
Quel giorno, come gli altri precedenti, aspettai il momento giusto per rimettere le scarpe al mio Padrone in modo che potessi riaccompagnarlo in ufficio per il turno del pomeriggio. Lui invece si tolse di nuovo le scarpe, me le fece cadere dalle mani con un calcio, e con un altro calcio diritto nel mio stomaco...”Ti ho detto di rimettermi le scarpe?”, mi gridò in faccia. “No, Signore – balbettai – ma...”, “Sì o no, idiota? Ti ho detto di rimettermi le scarpe?”, “No, Signore”, risposi io abbassando la testa. “Allora rimetti quella tua stupida faccia sul pavimento, perché è dove deve stare!”, “Sì, Signore, scusami”, mi limitai a dire.
Appoggiai di nuovo il visto a terra, vicino ai piedi del mio Padrone. Lui alzò il destro e, con violenza, prese a schiacciarmi come se volesse farmi uscire gli occhi dal cranio! Così immobilizzato, ascoltai quanto di più inatteso, scioccante, umiliante avessi mai pensato di sentir dire a Ron. Con voce calma mi informò, “Io non ho intenzione di tornare al lavoro! Da un po' controllo il tuo conto, vedo quanto guadagni e non c'è alcun motivo che io sprechi il mio tempo a lavorare!”, una pausa, poi continuò, “Fai abbastanza soldi per mantenere entrambi, e poi se smetti di comprare inutili cose per te e smetti di fare investimenti senza senso, potrai comprarmi tutto ciò che mi serve o che desidero!”. Cominciai a manifestare, sempre rispettosamente, il mio disappunto ma Ron, senza alterarsi, senza cambiare tono di voce mi fermò. “Lasciami finire! Se non accetti io tornerò al lavoro e ci dimenticheremo per sempre di questa conversazione, ma lasciami finire!”, “Va bene – acconsentii – ma già ti dico che questa proposta non mi pare accettabile...”, “Shhh! Lasciami finire – continuò – Tu sei ancora il mio leccapiedi, lo schiavo che mi adora e mi venera, no?”, “Sì, Signore, lo sono!”, non potei che ammettere! “Prendi ancora ordini da me e fai tutto quello che ti dico di fare, giusto?”, le cose non si mettevano bene!
“Sì, Padrone, adoro fare quello che dici”...In quel momento si alzò, senza dire niente. Con un piede tirò su il mio mento per farmi mettere in ginocchio di fronte a lui. Così feci, senza protestare. Si abbassò leggermente, allungando una mano verso il mio uccello. Afferrò le mie palle e strinse quel tanto per farmi sentire completamente in suo potere. Mi guardava diritto negli occhi. Io non riuscivo a reggere il suo sguardo. “A chi appartieni?”, disse dopo un silenzio che mi sembrò interminabile. Sentii la mia voce rispondere, senza esitare, “Appartengo a te, Padrone, a te soltanto!”.
Ti piace questa sensazione?”, mi chiese, mentre continuava a giocare con le mie palle. “Sì, Signore, moltissimo”, “Chi può permettersi di farlo?”, “Solo tu, nessun altro, a meno che non sia tu a dirlo, Padrone”, ero completamente in suo potere! “Bene, e non ti piacerebbe che io avessi più tempo per tenerti per le palle, come sto facendo ora?”, mi chiese sorridendo sadicamente. “Sì, Signore, mi piacerebbe molto!”, “Allora stai tranquillo e guardami negli occhi – cominciò – Mi piace il fatto che tu sia mio! Mi piace vederti strisciare ai miei piedi. Ma ho bisogno di qualcuno che voglia dedicarsi completamente a me, per assicurarmi tutta la comodità e i vizi che mi spettano, di cui ho diritto. Al di là di quello che io possa provare per te e delle tue necessità, io ti rivendico come mia proprietà personale! Ho fatto di te il MIO leccapiedi. È un onore! Altri schiavi implorerebbero, implorano anzi, per diventarlo. Io ho concesso a te questo privilegio e ora tu mi devi dimostrare la tua gratitudine riconoscendomi come tuo unico Re! E un Re non si alza ogni mattina per andare a lavorare.” Mentre parlava mi slacciava la cerniera dei pantaloni e infilava la sua mano nelle mie mutande, sfiorando il mio cazzo duro come una roccia. Non staccava i suoi occhi azzurri, ipnotici, dai miei. Io mi sarei buttato dalla finestra in quell'esatto momento, se solo me lo avesse chiesto. Fortunatamente per me si limitò a dire, “Togliti i pantaloni e sdraiati per terra, nella tua posizione naturale!”, ed io lo feci, senza fiatare.
Mi sdraiai pancia all'aria davanti a lui. Ron si rimise a sedere sulla poltrona. Poggiò un piede sulla mia faccia, l'altro sul mio uccello che, libero dai boxer, tirava verso l'alto come mai prima di allora. La mia mente era totalmente aperta alle sue parole, alla sua voce, era una spugna che assorbiva le frasi del mio Padrone come una serie infinita di verità assolute. Mi spiegò che il mio livello di devozione meritava molto di più che un Padrone part-time. Che la mia profonda passione per i piedi doveva essere sfruttata ventiquattrore al giorno, tutti i giorni della settimana e che non potevo offrire la mia vita ad un semplice commesso in un centro commerciale, come era lui in quel momento. Io meritavo di servire un vero Principe, diceva, qualcuno di così nobile e speciale che non dovesse sporcarsi le mani per lavorare. Qualcuno il cui unico interesse nella vita fosse quello di essere servito e viziato. Questo mi spiegava continuando a strusciare i suoi piedi sul mio pisello, sul mio torace, sulla mia faccia. Poi aggiunse, “So che non lo dico spesso, ma io ti amo davvero, mio piccolo leccapiedi. Ti amo così tanto che voglio essere sempre presente per te, per darti la gioia di servirmi tutto il tempo. Tu non meriti di essere uno schiavo ad intermittenza. Non dovresti essere messo nella condizione di stare male perché io non ci sono. Mi consentirai di dimostrarti tutto il mio amore, tu che sei l'oggetto più prezioso che posseggo, facendoti dono della mia costante presenza?”.
Fece una pausa lunga, gustando fino in fondo tutto il suo potere su di me. Poi con entrambi i piedi cominciò a farmi una sega. Lo faceva con cura, attenzione pur non rinunciando alla confidenza di chi sa di essere un Padrone assoluto. “Questo può accadere ogni giorno – disse finalmente – Se tu mi avrai per casa tutto il giorno, potrai servirmi tutto il giorno e meritare questo enorme privilegio tutti i giorni, per sempre.” Continuava a massaggiare il mio pisello ed io mi sforzavo di trovare la concentrazione per non venire, non avendone avuto il permesso. Dopo avermi portato sul punto di esplodere, proprio quando sentivo che la mia sborra si preparava ad eruttare con tale violenza che ero sicuro avrei raggiunto il soffitto, tolse i suoi piedi dal mio uccello e disse, “Bene, non c'è più tempo. Devo tornare al lavoro. La decisione è tutta tua. Non devi dire niente. Puoi rimettermi le scarpe e portarmi al lavoro oppure appoggiare di nuovi i miei piedi sul tuo cazzetto che non desidera altro, così io potrò finire quello che ho iniziato e tu potrai accettare la completa, totale, ininterrotta servitù e l'incredibile ricompensa che ne deriverebbe.”
Trenta secondi di un silenzio denso rotto soltanto dal battito del mio cuore che pareva volesse uscirmi dal petto. Ed in silenzio rimasi anche mentre con le mani un po' tremanti cercai i piedi di Ron per riportarli suo mio cazzo, che sgocciolava di piacere. “Io vivo per servirti, Padrone, ventiquattro ore al giorno!”, dissi con un filo di voce. Lui massaggiò appena il mio pisello e poi tolse di nuovo i suoi piedi. “Ti rendi conto che non potrai mai uscire di casa?”, mi chiese con tono grave. “Sì, Signore!”, risposi io senza un attimo di esitazione. Di nuovo i suoi piedi sul mio uccello. Ogni volta sentivo il potere di quei piedi, il loro peso, la loro forza e ogni volta di più mi sorprendevo di quanto volessi vivere per servirli. Due altre carezze vigorose e ancora una volta Ron li ritrasse. “Ti rendi conto che io dovrò avere pieno controllo e accesso ai tuoi conti?”, “Sì, Signore – risposi – è giusto che sia così.” Riavvicinò i suoi piedi al mio cazzo ma si fermò di nuovo. Prima che potesse parlare però, li afferrai, li strinsi intorno al mio pisello e cominciai a scoparmeli furiosamente, gridando, “Sì, Padrone, sì, capisco tutto. Sì, tutto, Signore. Mi impegno a soddisfare ogni tuo bisogno. Io ho bisogno di avere i tuoi piedi in faccia e sul pacco, Signore, sempre, sempre, ogni momento. Farò qualsiasi cosa per te. Vivrò ai tuoi piedi ventiquattro ore al giorno. Ogni centesimo che guadagnerò lo consegnerò a te, con devozione, con gioia, affinché tu possa usarlo in qualsiasi modo tu voglia. La mia casa è tua. I miei soldi sono tuoi. Le mia labbra, il mio uccello, la mia mente sono TUOI, da piegare al tuo volere finché godrò del dono di avere i tuoi piedi su di me. Io esisto per eseguire i tuoi ordini, Padrone. Io ti adoro, ti venero come un Dio. Padrone, io sono di tua proprietà!” In quel momento il mio uccello sputò tanto di quel seme che non avrei mai immaginato di poterne avere così tanto nelle palle. Dieci lunghi, interminabili fiotti di sperma raggiunsero il mio torace, il mio viso, le scarpe di Ron che tenevo vicino alla faccia. Prima che iniziassi a riprendermi, a realizzare dove fossi, un piede del mio Padrone mi si piantò sul naso e sulla bocca. Io facevo addirittura fatica a respirare. Mi dimenavo, mugolavo, implorando di poter prendere aria. Ma il mio Padrone mi guardava dall'alto senza lasciarsi impietosire. Alla fine disse, solenne, “Tu appartieni a me, cos'hai da dire ora?”, e io mi affrettai a borbottare attraverso la pianta perfetta e virile che mi schiacciava a terra, “Grazie, Padrone. Ti amo, Padrone.”, lui disse, “Bene, non affronteremo mai più il discorso sul mio lavoro. Da questo momento io sono il tuo Re. Ora mettiti in ginocchio. Ti mostrerò il rito di adorazione del pomeriggio.”, “Sì, Signore!”, fu l'unica cosa che riuscii a dire.

La mia vita non fu più la stessa da quel giorno. Ron inventò sempre nuovi modi per sfruttare la mia devozione. Non c'era limite alla sua creatività, alla sua immaginazione. E più umilianti e perversi erano le dimostrazioni di sudditanza che pretendeva da me, più io mi sentivo drogato dalla sua mente, dal potere che io stesso gli avevo concesso e che ora lui usava come se gli spettasse per diritto naturale. Erano tutt'altro che fantasie sessuali. Niente a che vedere con i giochi di ruolo. Io persi la mia identità e diventai lo schiavo che lui voleva che fossi, mi aveva plasmato secondo i suoi desideri e ancora continuava ad addestrami. Non venne mai meno alle mie necessità. Al contrario, usava il mio inesauribile bisogno di adorare i suoi piedi come strumento per educarmi ad essere un servo migliore.
Dopo sei mesi mi resi conto che non non c'era più nessuno nella mia testa. Nessuno, tutti spariti, a parte Ron. Anche lavorando al computer per guadagnare di che vivere per me e soprattutto per lui, mentre lui dormiva o si allenava o mi guardava sbracato sul divano, anche in quei momenti io avevo la consapevolezza di LAVORARE PER LA GLORIA DI RON. Diventai il suo schiavo leccapiedi a tempo pieno, il suo maggiordomo, il suo cuoco, il suo cameriere, il suo cane, il suo asciugamano, il suo barbiere, il suo valletto, zerbino, poggiapiedi e tutto ciò che voleva farmi essere.
A fine anno avevo perso completamente la capacità di discutere.
Accettavo ogni suo ordine, ogni sua richiesta, anche insensata, incomprensibile, senza pormi il problema di valutare. D'altra parte non era compito mio valutare le richieste del Padrone. Il mio compito era fare, eseguire, in fretta e con la massima attenzione, in modo che il mio Signore fosse sempre completamente soddisfatto. Lui controllava la mia vita in ogni suo aspetto. La controllava attraverso i suoi piedi, ed io mi sentivo in paradiso.

Oggi festeggio i dieci anni dal giorno in cui decisi di mettere la mia esistenza nelle sue mani. Dieci lunghi anni passati in un secondo e oggi sono lo schiavo, il servo, il leccapiedi, il cane, l'uomo più felice del mondo!!

giovedì 19 luglio 2012

GOOGLING - Stupiderie (ritrovare la fede)

chiese vuote?
basta scegliere i chierichetti giusti
e ci saranno solo posti in piedi.

giovedì 12 luglio 2012

LA PERIZIA - Mitch

appetizer


evado finalmente la richiesta di MITCH,
ventottenne lumbard con un 44 al suo attivo,
che mi chiede, così, per scherzo, cose ne penso dei suoi piedi!

ma qua non si scherza caro MITCH,
qua l'approccio è tecnico,
il piglio è scientifico,
la faccenda è delicata!

si prendano due foto:
LA PRIMA
tagliata brutalmente allo stinco
presa da una strana angolazione
in posizione di papera inconsapevole
ricorda i piedi di Frodo Baggins dopo una passata col silk-épil!

LA SECONDA
in posa plastico-naturale,
viva, quasi in movimento,
con in più il prezioso ausilio del jeans
evoca una pelle morbida,
 fa risaltare un arco che si incontra col suo gemello per accogliere chi guarda nell'incavo della felicità!

dov'è la verità?

per maturare un'opinione sui piedi di MITCH
basta rifarsi a sacrosanti luoghi comuni
e valutare tutto ciò che sta nel mezzo!

partendo dalla pianta
tutto è armonico e regolare
i punti d'appoggio sono turgidi,
le dita, viste da sotto, di bella forma,
avvallamenti e rilievi
stanno dove devono stare
come si apprende dalla tavola illustrata che segue

uno scatto rasoterra
ben diverso dalla foto hobbit
sposta, con scaltrezza, l'attenzione sul dorso
cavalcando il gioco del vedo e del non vedo
mitigando punti deboli
esaltando i pregi

eppure esiste la foto dell'evidenza,
colta in un attimo di relax in balcone:
pur rimanendo buona l'impressione complessiva,
alcuni dettagli colpiscono l'attenzione peritale.

l'anomala assenza di pelo
che pare invece vestire adeguatamente la gamba
non incide più di tanto sul risultato finale,
il candore della pelle si sposa bene con un vello timido.
la caviglia sembra forte,
ma l'ottica da cui la si guarda certo non la sfina.

il vero nodo è a monte,
anzi,
in punta.

l'alluce,
si sa,
è il portabandiera del piede,
lo caratterizza forse più di ogni altro aspetto.
MITCH ne ostenta uno prepotente
che vira verso l'esterno
costringendo tutte le altre dita a fare altrettanto.
ciò che però proprio salta all'occhio
è lo strapotere dell'unghia,
che disegna una tavola sopra el dedo gordo,
piatta e incredibilmente spaziosa,
tenuta a bada,
con qualche incertezza,
a colpi trasversali di tronchesina!
il piede rimane maschio
ma lo svirgolamento apicale lo rende un po' anziano
anche se tutto il resto ribilancia in freschezza.

da  sostenitore convinto della predominanza del dorso sulla pianta
mi spingo qui a scrivere che
il piede di MITCH
è un piede che va gustato da sotto.
è lì che si esprime al meglio
pur meritando, nell'insieme, una valutazione che va ben oltre la sufficienza,
che arriva, anzi, con agio fino al
7
in buona compagnia di altri coraggiosi feet-lover!

lunedì 9 luglio 2012

EYES ON FEET - Vincenzo Venuto UPDATE

appetizer


VINCENZO VENUTO
stimato divulgatore scientifico in quota la7
etero ma sensibile
delicato ma maschio
è tornato col botto
ieri sera
con MISSIONE NATURA.

una puntata,
la prima della stagione,
girata interamente senza scarpe
con abbondanti close-up
ben spalmati durante tutto il documentario.
un feet-party in chiave naturalistica
frutto di due benedetti fattori.
l'evidente esibizionismo podalico dell'avvenente biologo
e la passione indubitabile del santo regista
che sbircia
indugia
zoomma
ad ogni pie' sospinto.

per gustare l'opera
(esperienza che caldamente consiglio)
l'unico modo è sorbirsela in streaming sul sito
in attesa di beccare qualche replica televisiva magari in hd.

intanto però
una piccola anticipazione la regala lo stesso premuroso VINCENZO
che, su facebook,
pubblica delle foto scattate durante le riprese.
due quelle interessanti!
la prima offre una parca statistica
ma la seconda
pur se mostra meno
testimonia un sadico piacere
chissà quanto inconsapevole
nel soffermarsi su dettagli decisamente evocativi
"sempre infangato"
scrive lui nella didascalia!
e intanto ammicca!

FEET FRIENDS VIEWS

appetizer


giovedì 5 luglio 2012

FEET IN TRANSLATION - lavori straordinari

appetizer

non so perché in questi giorni mi trovo invischiato nelle fantasie fetish in ufficio.
credo però che
invece di capirne i motivi
sia sempre meglio dare fondo all'ossessione di turno.
in attesa di sviscerare l'argomento con una ampia videorassegna
rispolvero la sempre impegnativa rubrica

per dare conto in lingua italica
di ciò che gli americani sanno dire (e fare) molto meglio di noi.

una chicca rispuntata fuori magicamente
dal recupero
dopo lunghi mesi
del mio archivio completo.

tradotto e condiviso:

martedì 3 luglio 2012

GOOGLING - il gioco del dito dritto

ogni occasione è buona per il gioco del dito dritto.
la pausa pranzo
al lavoro
è il momento perfetto
per rinfrancar lo spirito
e scaricare le tensioni
e se la scrivania è troppo piccola per ospitare tutti
si può sempre pensare al tavolo delle riunioni!

domenica 1 luglio 2012

FEETISH - dignità autonome di prostituzione

in uno splendido casale fatto bordello
attori come prostituti
aspettano che i clienti acquistino le loro prestazioni.
si vede la merce
si contratta
e ci si apparta
per assistere ad esibizioni teatrali veloci.
spesso si compra al buio
e quello a cui si assiste non è ciò che ci si aspetta.
ma tant'è, bisogna rischiare.

utile è farsi accompagnare da chi già ci è stato
nella speranza che
anziché portarti da femmine abbondanti sia per stazza che per primavere
ti consigli di vedere chi
durante il suo pezzo
si toglie le scarpe
come da volantino
il proprietario di questi piedi
SEBBENE NON VISTO ALL'OPERA
ha il suo perché anche vestito di pelle!
un paio di dollarini mi sono rimasti!
casomai torno
per colmare la lacuna!