sabato 27 febbraio 2010

GOOGLING


marmellata di lamponi?

MAGNIFYNG GLASS - Chris O'Donnell

non c'è niente da fare
sti americani hanno un altro passo.
l'evoluzione
dal ragazzino denutrito e rachitico della vecchia generazione
al ragazzino iperalimentato e sportivo dei tempi dell'agiatezza occidentale
si è compiuta più in fretta oltre oceano.
qui
solo ora
si cominciano a vedere adolescenti di un metro e novanta
con proporzionate misure in OGNI parte del corpo!
fino a qualche tempo fa
chi pur svettava sopra la media nazionale
rischiava molto spesso di perdere l'equilibrio
per una mancata dotazione di base!
la mia missione,
si sa,
mi porta a statisticare il maggior numero possibile di maschi.
non avendo collaboratori a cui delegare parte dell'oneroso compito
sono costretto a limitare il censimento
all'area di Roma e alle immediate vicinanze.
credo tuttavia che i rilevamenti fin qui svolti
possano valere per tutto il territorio nazionale.
l'attuale ventenne
oltre ad essere fastidiosamente alto
non tradisce mai le aspettative
e sfoggia,
quasi con inconsapevolezza,
quasi con impaccio,
il suo bel quarantasei di default.
l'attuale quarantenne invece
è già da considerarsi prodotto di nicchia
se supera, in altezza, il metro e ottanta.
quale indignazione poi
nell'appurare che l'altezza non è quasi mai garanzia di godimento.
troppo spesso
infatti
nella valutazione del quarantenne alto,
si ripongono speranze di oversize
destinate ad infrangersi miseramente
su un inadeguato, avvilente quarantadue!

in america questo non succede!
nel regno dell'abbondaza
anche il quarantenne,
già alto di suo,
vanta ai suoi piedi misure coerenti.
non tutti sono degni di nota,
ovvio,
alcuni però meritano un posto
nella rubrica

Chris O'Donnell
 classe 1970
rappresenta in pieno il sogno americano
(il mio)
 già da piccolo
mostrava tutti i suoi numeri.
dita lunghe,
degno completamento di un piede mosso e di sostanza.
la passione per gli scogli
lo accompagna anche in età piu recente
e le sue doti sembrano immutate!

negli anni del successo
incontra fotografi particolarmente sensibili,
dei veri appassionati.
il primo gli toglie le scarpe
e gli infila dei pantaloni di pelle
arrivando a livelli di gradimento sorprendenti,
solo di poco inferiori all'imbattibile binomio
barefeet/jeans
che la foto l'abbia tagliata così l'autore
non ci credo neanche per un secondo.
di certo è opera di qualche insensibile del web.
nella seconda foto infatti
nulla va sprecato
anche se è nel terzo scatto
che il fotografo
diventa
artista
il piede sprofondato sul divano è suggestivo
ma quello appoggiato a terra è perfetto
con il tallone che appare quel tanto che basta ad esaltare l'arco,
la vena appena accennata sul dorso
le dita regolari e curate,
la pianta larga.

cosa trovare di meglio?
in effetti il secondo fotografo
non riesce a superare il primo
ma un pregio ce l'ha!
la sua passione per il comune bene
è ancora più esplicita
e
se prima lo sdraia sul letto
"consigliandogli"
di accarezzarsi il tallone
poi decide di giocare a carte scoperte.
con uno stratagemma ingegnoso
fa dei piedi
(di Chris O'Donnell)
i veri protagonisti dello scatto
piazzando sul pavimento moquetettato
una bella tinozza piena di acqua e ghiaccio.
tinozza che,
sono sicuro,
avrà provveduto a svuotare lui stesso,
insieme a qualcos'altro,
finite le riprese!

i meriti di Chris però non sono ancora finiti.
lui infatti è l'inarrivabile interprete
di una sequenza che,
dal momento in cui l'ho vista,
è rimasta scolpita nella mia mente,
allora
(più di ora)
particolarmente sensibile a certi stimoli.

batman da solo non ce la fa.
è imbolsito
è lento
ha bisogno di nuova linfa.
avrebbe proprio bisogno di robin!
un giovane bussa alla sua porta in cerca di riparo.
arriva dal circo
è un giocoliere
è veloce
con i riflessi pronti
e
ovviamente
è pure un gran figo
e si sa come sono sti ragazzi
un po' atteggioni
un po' sboroni
si divertono ad impressionare chi li guarda...

...pure mentre stendono la biancheria

EYES ON FEET - ripensamenti


l'isola dei famosi è iniziata nel modo più intelligente,
accelerando la selezione naturale
grazie ad un salto da dieci metri
in un mare con fondale di un metro scarso.
a sorpresa
i vecchi e le donne sono rimasti illesi.
a finire al pronto soccorso di managua,
dove
se gli va bene
gli impagliano la gamba,
è stato l'abbondante
Denis Dallan
rugbista infortunato sul campo
e ora rottamato sull'isola.
grazie all'incidente però
mi sono reso conto di averlo giudicato male.
lo avevo classificato nella categoria
caciotta
e invece una più attenta visione
ha riacceso in me l'interesse nei suoi confronti.
(da 1:09)
 
sarà forse quel tamburellare delle dita?

martedì 23 febbraio 2010

EYES ON FEET - Valentino Rossi


Nostra Signora del Gossip
corre
ancora una volta
in soccorso del feet-lover.

la razza dei motociclisti
è ricca di spunti,
un bacino a cui abbeverarsi,
sempre alimentato da nuove, fresche acque.
pare però caratteristica comune a tutti i bikers
quella di avere lo stivale da corsa incorporato.
oggi
grazie all'onnipresente
Alfonso Signorini,
il motociclista più famoso
quello più telegenico
probabilmente il più ricco
e
proprio per questo
il più fastidioso,
il cresciuto-bene Valentino Rossi
dimostra che
almeno al mare
è in grado di togliersi gli stivali
 
il piede è formato
l'arco è pronunciato
il velo d'acqua porta su il punteggio,
come sempre,
e fa il paio con la leggera penalità da imputare
alle dita a Guscio di Gambero.
dopo una statistica fallita durante uno spot fastweb
e una foto di Valentino Rossi bambino
a piedi nudi,
sdraiato su un divano
che arricchiva un servizio a lui dedicato
in un vecchissimo numero di TV sorrisi e canzoni
(presente soltanto nella mia memoria malata
e nella collezione privata di Paolo Limiti)
questa è l'unica foto decente che si riesce a trovare.
non rimane che sperare
che la categoria dei bikers italiani
appenda al più presto gli scarponi al chiodo
e diventi
feet-friendly.
ce n'è tanto bisogno!

sabato 20 febbraio 2010

OFF TOPIC - se lo dice maria...

maria
dice di conoscere bene
valerio scanu
 e se lo dice lei...


più tardi,
lo stesso giorno,
presenti sul palco
Valerio Scanu,
Marco Mengoni
e l'improbabile trio...

la Clerici
perde colpi!

overbooking

dopo l'arrivo di
di Manuel Casella, ultima pecorella smarrita bisognosa di asilo,
in casetta è tutto esaurito.
rimane solo uno spazietto angusto...
...ma a chi potrebbe mai interessare?

mercoledì 17 febbraio 2010

FEET IN TRANSLATION - Il mio nuovo vicino - quinta parte

per la rubrica


dopo aver ammesso di voler essere lo schiavo di Paul
dopo aver accettato di cambiare look per volere del suo padrone
dopo aver iniziato a "rendersi utile"
il servo si appresta al debutto in società.
ma prima
passando qualche ora in compagnia di Joe,
capirà che
la mela
non cade mai lontano dall'albero!


Il mio nuovo vicino

quinta parte


Solo un'ora dopo vidi Paul e sua moglie andare via. Andai subito nel seminterrato, per aiutare Joe. Bussai alla porta del garage ma nessuno rispose, così entrai. Raggiunsi il seminterrato.
“Joe, sei lì dentro?”
“Sì”, rispose, “Che vuoi?”
“Tuo padre mi ha detto di darti una mano a sistemare”.
“Beh”, disse in tono quasi scocciato, “Allora muovi il culo e scendi giù!”
Joe se ne stava seduto in poltrona, con i piedi appoggiati sul tavolino. Guardava una partita di baseball in televisione. Appena entrai nel seminterrato mi venne incontro e mi portò nella parte ancora tutta da sistemare.
“Tutte queste scatole devono essere sistemate, una sopra all'altra. Laggiù!”, disse indicandomi il luogo esatto. “E papà vuole che sia tutto a posto per stasera, quindi ti conviene darti una mossa!”, continuò mentre tornava alla sua partita.
Anche se Joe aveva solo diciassette anni e frequentava il liceo, era chiaramente un uomo, e non un ragazzo. Somigliava molto a suo padre. Alto un metro e novanta, muscoloso, spalle larghe e torace possente. Era un campione nella squadra di baseball della sua scuola e presto lo sarebbe stato anche della squadra di calcio e di wrestling. E poi era bello e questo gli rendeva molto facile incontrare i favori di tutte le cheerleader che gli giravano intorno. Aveva già sviluppato una personalità dominante e mi trattava con il disprezzo che meritavo. Io, invece, avevo per lui rispetto e ammirazione!
Iniziai a darmi da fare con le scatole e, dopo un'ora, sentii il bisogno di fare una pausa.
“Vado su a prendermi qualcosa da bere”, dissi, “Tu vuoi qualcosa?”
“Acqua!”, rispose Joe, secco.
Gli portai una bottiglietta d'acqua. La prese quasi senza badare a me, senza dire una parola, proprio come se fossi il suo servo.
Ripresi a lavorare. Le scatole erano più o meno tutte dello stesso peso tranne due, che non riuscii a sollevare da solo. “Mi daresti una mano con queste?”, urlai a Joe.
Dopo qualche minuto si degnò di venire.
“Che c'è?”, mi chiese.
Io indicai le scatole che non riuscivo a muovere. Lui afferrò la prima, senza alcuno sforzo, e la sistemò nello scaffale. Fece lo stesso con la seconda.
“Sei debole come una femminuccia!”, disse disgustato. La sua superiorità mi metteva in soggezione. Non riuscii a controbattere. Abbassai solo gli occhi ed incassai il colpo.
Circa un'ora dopo, il mio lavoro era finito. Senza che mi venisse chiesto, spazzai il pavimento e feci per andarmene, salutando Joe. Lui invece mi fermò: “I miei piedi mi fanno male. Fammi un massaggio!”. L'eventualità che potessi rifiutarmi era fuori questione. Io ne ero consapevole e Joe lo era ancora più di me! Mi inginocchiai ai suoi piedi. Aveva delle vecchie nike silver, distrutte a forza di essere usate. In effetti da quando conoscevo quel ragazzo, avevo visto ai suoi piedi solo quelle sneakers. Gli tolsi le scarpe e i calzini. I suoi piedi erano grandi, la pianta era larga, si vedeva che Joe non passava gran parte del suo tempo a curarli, ma, nonostante questo erano morbidi, con una leggera peluria sul dorso e sulle dita. Presi un piede fra le mani e cominciai a massaggiarlo. Era caldo, leggermente sudato. Joe mise l'altro piede sul mio naso, facendomi annusare il suo odore maschile e penetrante. Poi lo strofinò sulle mie labbra. “Bacialo!”, mi ordinò. Io, umilmente, baciai la pianta del suo piede. Tirò su l'altro piede e mi fece baciare anche quello. Mi guardava fisso, negli occhi, con una naturalezza inaspettata come se fosse abituato a vedere altri uomini umiliarsi di fronte a lui senza opporre resistenza. Con altrettanta naturalezza poi, tornò a seguire la sua partita di baseball, lasciandomi lì per terra, in ginocchio. Quanto a me, non avrei voluto stare da nessun altra parte. Avrei voluto cominciare a baciare ogni centimetro dei suoi piedi. Mentre passavo le mie mani sul dorso e sulla pianta, i miei occhi non riuscivano a staccarsi da quella che per me era la perfezione. Desideravo dimostrare a Joe quanto mi sentissi inferiore a lui; morivo dalla voglia di sottomettermi a quel ragazzo di diciassette anni leccando umilmente fra le dita dei suoi piedi. Invece mi limitai a fare quello che mi era stato ordinato, annullandomi di fronte a lui. Continuai a massaggiare i suoi piedi per una mezzora, fino a che Joe non mi disse di andarmene.
Tornato a casa, sentivo ancora sulle mie mani il calore dei piedi Joe. Senza neanche pensarci cominciai ad annusarle. Chiudendo gli occhi mi sembrava di essere ancora lì, nel seminterrato. L'odore era inebriante, decisamente maschile ma dolce, appena appena pungente. Sentivo il mio pisello gonfiarsi nei pantaloni. Mi affrettai a spogliarmi, quasi dimenticavo della regola! Nudo come un verme mi inginocchiai e continuai ad annusare le mie mani, arrivai anche a leccarle, assaporando il gusto salato del sudore di quei piedi fantastici. Se Joe mi avesse visto in quel momento, chissà quanto si sarebbe divertito ad umiliarmi. Non avevo neanche sfiorato il mio cazzo e già lo sentivo pronto ad esplodere, ma non avevo il permesso di venire. Se fossi venuto senza l'autorizzazione del mio padrone, avrei dovuto confessarglielo e sottostare alla sua punizione. Cercai di distrarmi. Presi il mio dildo e continuai a far pratica. Avevo tutta l'intenzione di diventare il più bravo succhiacazzi che il mio padrone avesse mai avuto.

La mattina dopo mi svegliai con un senso di inquietudine per la giornata che stavo per vivere. Era il mio primo giorno in ufficio col mio nuovo look e, come immaginavo, fu un giorno molto lungo! Tutti sentivano il bisogno di commentare i miei capelli così corti e la mia “collana” così stretta. Tutti volevano sapere cos'era successo. Io mi limitai a dire che mi era venuta voglia di provare qualcosa di nuovo. Un paio di miei colleghi gay invece fiutarono che il mio non era solo un cambiamento di stile e mi fecero domande più dirette. Evidentemente avevano capito ma non insistettero di fronte alla mia intenzione evidente di non confidarmi con loro.
Scherzi e battute continuarono per tutto il giorno. L'attenzione morbosa nei miei confronti mi infastidiva ma mi bastava ricordare il motivo di quel drastico cambio di look, mi bastava richiamare alla mente l'immagine del mio padrone, così superiore a tutti i miei colleghi messi insieme, che subito ogni presa in giro perdeva di significato.
Non vidi il mio padrone, quella sera. Linda aveva di nuovo il giorno libero e probabilmente Paul era impegnato con lei. Se era con lei, io non gli servivo e questo, nonostante fosse più che comprensibile, mi disturbava parecchio.
Me ne andai a dormire. Il giorno dopo avrei avuto la mia prima lezione in palestra, meglio essere riposati.

Alle sette ero già pronto. In palestra non c'era molta gente. Quando scesi in sala, Clayton mi stava aspettando. Sembrava un tipo sui trent'anni, sul metro e ottanta. Aveva un fisico da nuotatore, solo appena più muscoloso. La sua maglietta aderente disegnava i muscoli del torace, definiti e sodi. Era il tipico istruttore di palestra, bello, atletico e sicuro di sé. Mi presentai. Lui guardò il suo orologio: “Sono le 7:05. La tua lezione comincia alle 7:00. Non farmi mai più aspettare!”. Il suo tono severo mi sorprese.
“Scusami”, risposi timidamente, “Non succederà più.”
Senza dire niente mi portò in una saletta. Poi cominciò: “Normalmente chiedo a chi inizia ad allenarsi con me quali sono i suoi obiettivi, ma dal momento che tu appartieni a Paul, lui ed io abbiamo deciso ciò che ti serve.”
Io ero impietrito! Non avevo idea che Paul avesse confidato a Clayton che io ero il suo schiavo. Ma sembrava che per Clayton questa fosse la cosa più naturale del mondo!
“Visto che oggi è il tuo primo giorno, inizieremo con un allenamento leggero”, disse. “La prima cosa che dobbiamo accertare è per quanto tempo riesci a trattenere il fiato”. Mise un cronometro sopra il tavolo e diede il via. Cercai di resistere il più a lungo possibile.
“Sessantatre secondi, non benissimo”, disse Clayton. “Quando avrai il cazzo di Paul in fondo alla gola non potrai respirare. Non puoi andare in debito di ossigeno dopo soltanto un minuto. Questo intaccherebbe il piacere del tuo padrone. È inaccettabile. C'è gente che riesce a trattenere il respiro anche per otto minuti. Dobbiamo arrivare almeno a quattro”. Quattro minuti? Non potevo immaginare di trattenere il respiro per così tanto tempo. Clayton intanto stava cercando qualcosa in una specie di archivio.
“Tieni”, mi disse, “questo è un articolo che di solito diamo ai nuotatori. Leggilo e fai pratica ogni giorno”.
“Ok, ci provo”, dissi, prendendo il foglio.
“Valuterò i tuoi progressi. Devi migliorare di quindici secondi a settimana”, disse Clayton. Quindici secondi a settimana voleva dire due secondi al giorno. All'inizio sarebbe stato facile, ma avevo seri dubbi sul lungo periodo!
“Cominciamo l'allenamento!”
Clayton mi fece fare il più faticoso allenamento che avessi mai provato. Mi faceva correre da un attrezzo all'altro. Le due ore sembrarono due giorni, non finivano mai. Finalmente arrivarono le nove. Arrancai fino agli spogliatoi. Non avevo idea di come poter arrivare a fine giornata, l'unica cosa di cui avevo voglia era starmene seduto lì, con la testa fra le mani.
“Alza il tuo culo dal mio posto, idiota!”
Con mia enorme sorpresa, una montagna di muscoli avanzava verso di me. Io saltai in piedi e indietreggiai. Inavvertitamente mi ero seduto di fronte al suo armadietto e il gigante doveva averla presa come una mancanza di rispetto. Credo che sapesse il significato del collare che portavo. Spostai le mie cose qualche metro più in là. Iniziai a svestirmi per entrare in doccia ma, sfortunatamente, lui stava facendo lo stesso. Ero a disagio. Stare nudo vicino a lui metteva in risalto tutte le nostre differenze! Io sembravo debole e piccolo, con un cazzetto da bambino. Lui era massiccio, con muscoli duri come rocce e un grosso cannolo di carne che gli scendeva fra le gambe. Mi guardò dall'alto in basso, considerando quanto fossi patetico, e si mise a ridere, voltandomi le spalle ed avviandosi verso le docce.
Le docce non erano separate. C'era una specie di stanza con sette bocchettoni. Con gli occhi fissi al muro feci la doccia più veloce della mia vita! Stavo chiudendo l'acqua quando mi accorsi che qualcosa continuava a bagnare le mie gambe. Il gigante mi stava pisciando addosso! Stavo per protestare quando mi tornò in mente ciò che il mio padrone mi aveva ordinato. I maschi superiori hanno tutto il diritto di divertirsi con gli esseri inferiori. Così, anziché protestare, mi inginocchiai e abbassai la testa. Lui andò avanti, pisciandomi su tutto il corpo, testa compresa. Poi alzò un piede e me lo schiacciò in faccia. “Lecca!”, ordinò. Docilmente leccai via il piscio dal suo piede, mentre il gigante sogghignava. Poi mi diede una spinta facendomi perdere l'equilibrio. Finii col sedere per terra, mentre lui già tornava alla sua doccia. Mi alzai a fatica, scosso dalla stanchezza e dall'umiliazione, e ripresi a lavarmi.

In ufficio le cose andarono meglio che il giorno precedente ad eccezione del fatto che non riuscivo neanche a reggere in mano una penna, per quanto Clayton mi avesse spompato. In più, non mi segavo da giorni ormai e diventava difficile nascondere la mia erezione perenne non portando più mutande. Saltai la pausa pranzo così, già verso le quattro timbrai il cartellino di uscita.
Tornare a casa era una benedizione. Mi spogliai immediatamente e mi tuffai sul divano. Non vedevo il mio padrone da due giorni. Speravo che più avanti nella serata avrebbe trovato il tempo e la voglia di usare il suo schiavo.
Non riuscii a tenere a bada l'euforia quando vidi Paul entrare dalla porta, subito dopo cena.
“Succhiami il cazzo, schiavo!”, mi ordinò subito dopo averlo salutato baciando i suoi piedi e tornando nella mia posizione di attesa. Non vedevo l'ora. Avere il suo magnifico pisello nella mia bocca era l'esperienza più gratificante che potevo immaginare. E poi ero ansioso di provare qualcuna delle tecniche che stavo studiando. Velocemente aiutai Paul a togliersi i pantaloni e gli slip. Baciai il suo pisello in segno di rispetto, poi lo presi in bocca e chiusi dolcemente la mie labbra intorno all'asta. Cominciai a muovere la mia testa in senso circolare. Alternavo il senso orario e il senso antiorario, lasciando che il suo pisello si muovesse dentro la mia bocca. A giudicare dai mugolii del mio padrone, avevo l'impressione di fare bene. Non ci volle molto infatti prima di ottenere la mia ricompensa. La mia bocca si riempii della sua sborra abbondante, che io inghiottii con avidità.
“È stato fantastico, bravo il mio servo!”. Sembrava davvero entusiasta. E il fatto che lo fosse mi faceva sentire in paradiso! “Impari in fretta. Ti meriti un premio”, disse mentre raccoglieva i suoi slip e me li appoggiava in testa! “Annusali stanotte, mentre ti fai una sega.”
“Grazie, Signore”. Ero eccitato. Non speravo in una ricompensa del genere.
“Com'è andata oggi con Clay?”, mi chiese.
“Mi ha fatto sgobbare come un cane, Signore”, cominciai. “All'inizio era un po' arrabbiato per il mio ritardo. Eppure erano solo cinque minuti, non capisco quale fosse il problema. Comunque è stato l'allenamento più duro che abbia mai fatto. Domani sarò a pezzi, di sicuro.”
Non capivo perché Paul mi guardasse così male. “Clay è un mio amico. Sa che tu sei di mia proprietà e quando gli manchi di rispetto, arrivando in ritardo, questo si riflette su di me. Puoi pure dimenticarti del regalo che ti ho fatto prima, niente sega fino a domani.”
Ero affranto.
“Prendimi una cinta”, mi ordinò. Oh cazzo, stava per frustarmi. Con mani tremolanti gli passai la cinta che indossavo al lavoro. Tornai in ginocchio, in posizione di attesa.
“Mettiti a quattro zampe, col sedere in alto”, disse senza un minimo di compassione. “Quando avrò finito dovrai ringraziarmi per averti insegnato una lezione importante”.
Mi misi in posizione, cercando di prepararmi a quello che stavo per provare. Dopo qualche secondo sentii la cinta fischiare tagliando l'aria e il più intenso dolore che avessi mai provato arrivò dritto al mio cervello. Era come se il mio sedere andasse a fuoco. Le braccia vigorose di Paul mi infiggevano un dolore spaventoso. Un'altra frustata. Il dolore era lancinante. Poi un'altra e ancora due.
“Così dovrebbe andare”, disse il mio padrone con voce calma. “Una cinghiata per ogni minuto di ritardo.”
Mi abbandonai disteso per terra. Non piangevo ma i miei occhi erano pieni di lacrime. Cercai di reagire il prima possibile e strisciai verso Paul. Arrivai di fronte a lui, lo ringraziai per avermi insegnato una lezione importante, poi leccai i suoi piedi per manifestargli tutta la mia sottomissione. Strisciare e sbavare ai suoi piedi mi faceva sentire nel posto giusto al momento giusto.
“Rimettiti in ginocchio, servo, devo pisciare!”, disse Paul.
Quando i miei glutei si appoggiarono sul mio sedere fu come se ricevessi un'altra cinghiata. Sforzandomi di non pensare al dolore, aprii docilmente la bocca e mi prestai ad una delle mie funzioni di schiavo. Essere il pisciatoio del mio padrone faceva di me un utile servo.
Come quando due maschi si trovano in un bagno pubblico ed iniziano a parlare del più e del meno, così fece Paul con me, con la differenza che io non avrei potuto rispondere! Cominciò a parlare e a pisciare insieme.
“Una cinta non è l'attrezzo appropriato per quel genere di punizioni, non sei d'accordo, verme?”, io cercavo di manifestare il mio consenso attraverso lo sguardo! “Perché non proviamo a cercare qualcosa di più adatto su internet?”. Dopo aver onorato il cazzo del mio padrone, pulendolo e baciandolo come meritava, iniziammo a cercare l'oggetto che più andasse bene per una giusta punizione. Alla fine Paul si decise per una frusta di gomma a dieci code e un paddle di legno lungo sessanta centimetri. Trovavo inquietante dover pagare per comprare qualcosa che mi avrebbe procurato dolore. Ma tant'era. Un servo deve umiliarsi anche così.
Paul se ne andò subito dopo. Il sedere mi faceva malissimo. Mi guardai allo specchio. Era rosso fuoco con segni più chiari in rilievo. Ci passai sopra un po' di crema sperando in un rapido sollievo. Di sicuro ero contento di non aver fatto quindici minuti di ritardo quella mattina.
Il giovedì passò senza intoppi, anche se ogni muscolo del mio corpo mi ricordava della sua esistenza, e dell'esistenza di Clayton! Paul non venne da me quella sera. Andai io ad aiutarlo in garage, ma non ci fu molto tempo per stare con lui perché quasi subito mi spedì di sopra a pulire la cucina.
Venerdì mattina ero di nuovo alle prese con Clayton. Grazie all'insegnamento di due giorni prima, ero pronto già alle sei e mezza! Con mio dispiacere mi resi conto ben presto che Clayton era stato di parola la volta scorsa. C'era andato piano per davvero durante il primo allenamento. Il secondo infatti fu dieci volte più faticoso e lui fu cento volte più inflessibile.
Più tardi, la stessa mattina, ero in ufficio, in riunione. Si trattava di una discussione abbastanza accesa su quale fosse la migliore strategia da adottare in merito a noiosi reporting finanziari. I toni, come al solito, erano molto animati. In particolare il mio punto di vista era in aperto contrasto con quello di un mio collega, Richard. Il confronto non durò meno di un'ora. Io fui oggettivamente più convincente ma la riunione fu chiusa senza una decisione definitiva. D'altra parte il mio capo era tutt'altro che una persona risoluta.
Poco dopo esser tornato nel mio ufficio, Richard entrò senza bussare, chiuse la porta alle sue spalle e si mise seduto di fronte a me. Era un bell'uomo, magro, con un bel fisico tenuto. Aveva più o meno la mia età. Era molto carismatico, sapeva come catalizzare l'attenzione di chi gli stava intorno. Era il tipo d'uomo che riconoscevo come dominante.
“Non pensare che non sappia per quale motivo porti quel collare”, iniziò, senza fronzoli. “Sei diventato il leccapiedi di qualche maschio, non è così?”
“Vattene, Richard. Devo lavorare”, cercai di tagliare corto, simulando disgusto.
Lui, per tutta risposta, mi afferrò per la giacca e mi tirò su dalla mia poltrona. Poi mi costrinse in ginocchio. “Rispondimi!”, ordinò.
“Sì, sì, è così”, ammisi con voce spaventata.
“L'ho capito dal primo istante in cui sei entrato in ufficio conciato così. Stai bene a sentire, inutile frocetto, non ti azzardare mai più a contraddirmi in pubblico!”
“Ok, d'accordo, Richard, non succederà più!”
Richard mi afferrò per la testa, mi schiacciò la faccia contro il suo pacco, poi si girò e se ne andò, lasciando la porta aperta. Mi affrettai a rialzarmi. Tornato al mio posto, ripresi a lavorare come se niente fosse successo, mentre, dentro di me, l'ammirazione e il rispetto nei confronti di Richard crescevano enormemente.
Quando tornai a casa, quella sera, ero distrutto. Tutta la settimana era stata terribilmente faticosa, fisicamente e mentalmente. Mi fermai un momento a riflettere. Era bastato un taglio di capelli e una collare e già sembrava che tutto il mondo sapesse della mia nuova identità. Ero stato umiliato da molti uomini ma questo, anziché abbattermi o crearmi dei dubbi, stava diventando la gratificazione più grande della mia vita. Attraverso l'umiliazione rinforzavo la mia percezione di schiavo.
Non avevo idea di quello che mi aspettasse nei giorni a venire ma a giudicare da quanto era successo fino ad allora, morivo dalla voglia di continuare!

giovedì 11 febbraio 2010

EYES ON FEET - Manuel Casella

per la rubrica
si prende atto di come
Amanda Lear
abbia rottamato il suo precedente toy-boy
in favore di carne (ancora) più fresca
 
due cose sono incomprensibili!
quale ritorno possa avere
un venticinquenne
dall'improbabile storia d'amore
con la stagionata musa di Dalì
(che ormai gira con lampada alogena a portata di mano
per un perenne effetto flou)
e
con che coraggio,
la suddetta musa,
abbia potuto stracciare il contratto
a chi aveva ancora molto da dare
ora
Manuel Casella
dovrà dimostrare di saper camminare da solo.
un passo dopo l'altro
sono certo che saprà andare lontano.
e se avrà bisogno di aiuto
sarò ben lieto di indicargli la via.
nella casetta
si è liberato un posto.

martedì 9 febbraio 2010

FEET IN TRANSLATION - Chungo y Pelao


in attesa che Paul
continui l'addestramento del suo schiavo,
una piccola digressione
fumettistico/spagnuola
e poi dicono che sia dannoso
giocare troppo
con queste diavolerie moderne!

lunedì 8 febbraio 2010

EYES ON FEET - siamo tutti bergamaschi


 è iniziato da qualche giorno
il torneo Sei Nazioni di rugby.
l'Italia è già sesta!
è vero,
i nostri giocatori (ma nostri de chi?)
non sanno farsi valere nei primi due tempi,
però durante il terzo,
in cui ci si ritrova nel pub
a bere birra e a socializzare
riescono sempre a dare il meglio di sé.
(mirco bergamasco)

sabato 6 febbraio 2010

Grande Fratello FEET-EDITION!

dice che l'anno prossimo
ci sarà un'edizione speciale del GRANDE FRATELLO.
pare che sarà un'edizione interamente al maschile.
dice che il casting
sia stato affidato ad un certo feetmeet.
dice che sono state spedite
TREDICI
lettere di convocazione
e,
caso raro e insperato,
tutte e tredici abbiano raccolto il consenso dei destinatari.

dice ma come fai a sapere tutte 'ste cose?
dico semplice
sono lo scagnozzo del direttore artistico!
e
data la riservatezza dell'operazione,
il mio compito non è stato certo quello
di leccare francobolli!
ho dovuto suonare tredici campanelli,
beh, dodici veramente,
consegnare tredici buste
e,
ahimé,
verificare i requisiti di tredici partecipanti in pectore.
è stato duro!
molto duro!
è stato duro per diversi giorni!

gli ordini del direttore erano chiari.
piena libertà di organizzarmi il lavoro
tranne che per la prima consegna.
per quella non avevo scelta.
il primo ad accettare
doveva essere
LUCA ARGENTERO!

disponibile e self-confident
mi chiese di aspettare solo cinque minuti,
gli mancava la posizione dell'albero per finire il suo allenamento di yoga.
impiegai quel tempo per consultare l'archivio:
eh sì,
tutto era ancora così come ricordavo!
prima adesione.
prima stretta di mano
questa nuova edizione del grande fratello
iniziava col piede giusto!

per la seconda consegna
decisi di rendere omaggio all'anzianità.
grande fratello numero due,
primo concorrente maschio a vincere il gioco,
occhio molto azzurro,
citofonai a
FLAVIO MONTRUCCHIO

lo disturbai mentre avviava la lavastoviglie
scatole e scatole di fairy tabs accatastate in un angolo.
gli feci lèggere la lettera del direttore artistico.
sembrò stupito dai criteri di scelta del cast
ma l'idea dell'edizione al maschile gli sembrò divertente.
tirai fuori alcune fotografie per procedere alla verifica dei requisiti.
il confronto andò meglio del previsto.
dal vivo la resa era decisamente superiore.
dopo aver registrato il consenso,
appuntai vicino al suo nome
l'esigenza di far risaltare le sue qualità durante il reality.
i meriti di Montrucchio
non potevano esser lasciati ad un paio di fotografie venute male.

dal primo vincitore maschio
passai all'ultimo
in ordine di tempo.
l'italo-rom
FERDI BERISA
delicatamente omofobo
alla faccia dell'integrazione delle minoranze
mi mostrò dal vivo le sue potenzialità!
e dire che in casa tendeva a coprire i suoi punti di forza!
solo una volta uscito cominciò a farsi fotografare a bordo piscina
mostrando un paio di piedi interessanti al di là di ogni aspettativa
e una consapevolezza robusta
tradita dall'immancabile laccetto intorno alla caviglia!
 
  
 beccato in pieno servizio fotografico...


..."TI FACCIO SAPERE", mi disse...


..."TI CHIAMO".
poteva prendersela comoda
il montenegrino.
mi aspettava una decina di ore di volo!
destinazione Brasile!
speravo ne valesse la pena!

il direttore non concesse altro che la classe economica.
scesi dall'aero non avendo più la percezione delle gambe.
addirittura ero arrivato a desiderare un atterraggio di emergenza
per poter far uso di quei comodi scivoli gonfiabili!
la manovra del pilota fu invece fastidiosamente morbida
ed io salutai la hostess dissimulando con disinvoltura
la colonia di formiche che quasi mi paralizzavano le gambe!
eppure
formiche e jet leg
sembravano così distanti
mentre chiedevo a
THIAGO BARCELOS
di togliersi le scarpe!
strano che le portasse, in effetti.
la mia equazione brasile=infradito
si rivelava un mal riposto luogo comune.


l'alluce tanto grande da sembrare addirittura sproporzionato
valse al brasiliano
il bacio accademico!

le dieci ore di ritorno
passarono molto più in fretta,
forte com'ero di un altro consenso!

era tempo di indossare l'abito buono.
ero atteso dal nipote del papa.
sfortunatamente
le immagini di cui ero in possesso
erano piccole e di scarsa qualità
 
  
  
eppure l'occhio allenato riusciva a vedere,
pur attraverso la scarsa qualità di quelle immagini,
le indubbie qualità di
ASCANIO PACELLI.
certo,
mi sentii obbligato ad una verifica più profonda
ma la forma regolare
la misura abbondante
il pelo distribuito con sapienza
la pianta larga
mi indussero senz'altri indugi a consegnare l'invito del direttore,
di buon grado accettato
e suggellato
da una maschia stretta di mano.

questo grande fratello feet-edition
si riprometteva pure
il buon proposito di ridare visibilità
a certi ex-concorrenti non pienamente valorizzati a suo tempo.
in particolare
erano tre i bollini rossi che il direttore artistico aveva piazzato
accanto ad altrettanti nomi da convocare.
per quei tre nomi
la nuova edizione sarebbe stata l'edizione del riscatto.
non c'erano dubbi!
avrebbero accettato tutti con slancio!

il primo bollino rosso era vicino ad un nome che anch'io facevo fatica ad associare ad un volto.
però
quando
ANTONIO LEOTTA
aprì la porta per farmi entrare,
più di un bagliore illuminò i miei ricordi.

nella casa del suo grande fratello
incarnava le vesti di un post-Taricone
maschio
volitivo
un po' incazzoso
con un paio di piedi che rispecchiavano in pieno il suo carattere.
 
  
accettò l'invito senza pensarci su.
si sarebbe senz'altro trovato bene
anche perché
aveva una passione in comune con Sua Inarrivabilità
Luca Argentero:


secondo bollino rosso,
ricordi ugualmente sbiaditi.
questo
FRANCESCO TESTI
proprio non mi diceva niente.
mi diede appuntamento presso lo studio fotografico in cui stava posando per la galleria del suo sito internet.
appena arrivato capii due cose.
intanto afferrai al volo il motivo per cui
gli autori decisero di farlo entrare nella casa
 
e poi mi venne in mente
ciò per cui diventò davvero famoso.
non per il soggiorno nel grande fratello
ma per le sue mirabili prodezze
sul surf di buona domenica!!

l'ultimo nome bollato di rosso
lo ricordavo proprio bene, invece!
uno dei miei favoriti
nonostante una faccia a tratti inquietante.
non il classico bello
quel GIAN FILIPPO FAILLA,
piuttosto un bello di nicchia,
per tutti gli estimatori dello storto che piace
e con punti di forza indiscutibili
sia di sotto
 
che di sopra.

con inspiegabile accento francese
manifestò anche lui il suo consenso.
tanto,
mi disse,
non avrebbe avuto di meglio da fare!

il giro di inviti volgeva al termine.
rimanevano pochi nomi
tra cui quello che per me
aveva già la vittoria in pugno.
avevo deciso,
avrei finito con lui le mie convocazioni.
intanto era il tempo di una doppia consegna
era tempo di suonare il campanello di una porta tutta rossa.
ebbene sì,
ben due concorrenti scelti dal direttore
erano ancora sotto i riflettori del grande fratello in corso.
la produzione mi concesse uno strappo alla regola
e
senza che fossero ripresi
spedì i due eletti
nella stanza delle sorprese.
la prima conferma fu quella di
ALBERTO BAIOCCO
il casto non più casto
dall'incomprensibile modo di esprimersi,
quello fissato con i piatti da lavare
e con i fornelli da far brillare.
se le sue qualità non fossero tanto evidenti

non verrebbe voglia manco di tenerlo come batacchio del portone!

trovandomi di fronte al secondo convocato,
invece,
mi fu subito chiaro che
difficilmente ci si sarebbe potuti annoiare.
le mie informazioni già gli riconoscevano punteggi molto alti
 
c'era solo un dettaglio da mettere a fuoco.
GIORGIO RONCHINI
sembrava essere affetto
dalla Sindrome di Marco Carta

l'alluce, infatti,
appariva innaturalmente inclinato verso l'alto
richiamando l'immagine,
tutt'altro che affascinante,
del piede di Genoveffa, sorellastra di Cenerentola.
fui costretto
ancora una volta
ad una verifica approfondita.
fortunatamente
il concorrente più gay-friendly della storia del grande fratello
aveva raggiunto la stanza delle sorprese
con delle pratiche ciabatte infradito.
dopo aver osservato, in differenti posizioni, i meriti del Ronchini;
dopo averli valutati da lontano e, soprattutto, da vicino,
per avere un'immagine chiara il più possibile,
fui pronto ad appuntare vicino al nome del convocato
che la temuta Sindrome di Marco Carta
non lo avesse colpito neanche di striscio.
quell'alluce così inclinato verso l'alto
era da imputarsi alla posa innaturale che l'incauto fotografo lo aveva obbligato ad assumere.
nessun impedimento alla sua partecipazione.
doppia firma quindi.
doppio consenso.
uscii dalla porta rossa con l'animo sollevato di chi si appresta al successo.

mentre mi dirigevo verso la casa del successivo nome in lista,
mi tornò in mente il ferragosto di qualche anno prima.
il nonnetto dell'ultimo piano
doveva aver sentito particolarmente il caldo
e chiamava sua moglie a gran voce,
ripetutamente,
dimenticando che la povera donna
si era già ricongiunta al cielo
ormai da un po' di tempo!
scampanellate e pugni sulla porta
nulla poterono contro una sordità di tutto rispetto.
non c'era altro da fare che chiamare i vigili del fuoco.
neanche dieci minuti
e tre tizi con pantaloni verde militare
anfibi
e maglia granata a maniche corte
facevano il loro ingresso con scale telescopiche!
si sfioravano i quaranta gradi e nessuno era minimamente alonato.
certo, il più alto in grado aveva passato la cinquantina
ma gli altri due
uno moro e uno biondo
erano uno meglio dell'altro!
mentre erano intenti a salvare la vita del nonnetto
io ero intento ad inventare qualche allagamento fortuito in casa mia,
che so,
una fuga di gas,
qualsiasi cosa che li potesse trascinare nella tana.
a tramortirli ci avrei pensato poi...!
e invece se ne andarono com'erano venuti,
rapidamente,
lasciandomi nient'altro che un vecchietto ringalluzzito.
era evidente
che ci fosse qualcuno ad occuparsi della selezione
di questi pompieri,
qualcuno che non badava soltanto alle diottrie o alla mancanza di vertigini!
qualcuno sensibile anche ad altri dettagli,
che oltre ad aver scelto i due eroi di ferragosto,
aveva arruolato pure
ALESSANDRO TERSIGNI
 
talmente degno di far parte dell'arma
che
appena uscito dalla casa
era stato subito sbattuto al muro,
dentro ad un calendario

per poi perdersi
in compagnia di femmine di scarso spessore intellettuale
ma di grande spessore mammario.
accettò l'invito del direttore
senza pensarci troppo su.
d'altra parte
era ben consapevole di meritare un posto
nel grande fratello feet-edition.

la tentazione di arrivare via mare era forte!
almeno, durante il viaggio,
mi sarei crogiolato all'idea che fosse proprio lui ad ormeggiarmi all'arrivo!
e invece eccomi là
seduto su un eurostar
destinazione Genova
dove,
altro che ormeggiatore,
ad attendermi ci sarebbe stato un conducente dell'autobus,
che nell'esercizio delle sue funzioni,
mi avrebbe portato da
ALBERTO SCRIVANO.
guardavo e riguardavo le foto del mio archivio
sperando che almeno mi accogliesse così:
ma niente da fare.
era vestito e calzato e,
sulle prime,
fu difficile convincerlo a sottoporsi alla necessaria valutazione.
poi però
considerata la posta in gioco,
finalmente acconsetì,
ed io ebbi modo di appurare
quanto fosse valido
tutto ciò che non entrava nella foto di Vanity Fair!
 

durante il viaggio Genova/Roma
riordinai i risultati ottenuti fin lì.
undici conferme firmate su due piedi!
la dodicesima arrivata via telefono
come Ferdi Berisa aveva promesso.
tutto era pronto
per l'ultima consegna!
ero emozionato.
non andavo ad incontrare una persona qualunque.
stavo per conoscere
l'unico concorrente di tutte le edizioni del grande fratello
ad essersi dimostrato sensibile al tema fetish.
l'unico a definirsi barefooter
ad andare in giro costantemente scalzo dentro la casa
  
  
  
e l'unico che ha continuato a farlo pure fuori!

l'unico che,
un po' per scherzo e un po' sul serio,
ha schiacciato...

...si è fatto lavare i piedi...
 
  
...e se li è fatti leccare...
 
  
da una sua coinquilina
(peraltro, sempre la stessa, "forse" sensibile anche lei
al fascino del piede maschile e che ora, bontà sua,
aspetta un figlio da Daniele Interrante!!).
RANIERO MONACO DI LAPIO
era il pezzo da novanta,
era fondamentale
quanto lo era
l'incommensurabile Argentero.
 mi accolse a piedi nudi,
piedi non bellissimi ma molto sensuali,
un po' vissuti ma estremamente attraenti,
soprattutto esibiti senza nessun pudore
e pure con un po' di arroganza.
nessuna verifica era neccessaria.
mi interessava solo il suo consenso!
e invece fui lui stesso ad esigere
che venisse sottoposto allo stesso trattamento,
come tutti gli altri!
mi sacrificai,
pur sapendo già che Raniero avrebbe superato
qualsiasi esame senza alcuno sforzo.
io,
da parte mia,
mi sforzai un bel po'
per imporre a me stesso
di finire la verifica
che altrimenti avrei continuato per un paio d'ore
senza neanche il bisogno di fare una pausa!
il tredicesimo SÌ
riuscii a metabolizzarlo solo dopo aver riacquistato la lucidità!

tornai dal direttore
carico dei miei successi!
gli consegnai i tredici inviti.
controllò le tredici firme.
mi guardò e mi disse:
"NE MANCA UNA!"
non era vero.
non poteva essere.
le avevo ricontrollate poco prima di consegnargliele.
tirò fuori dal cassetto un modulo ancora da firmare.
non credevo ai miei occhi.
i concorrenti del grande fratello feet-edition
non erano tredici ma quattordici
e il quattordicesimo concorrente
se ne stava là
impalato
di fronte al direttore artistico
senza uno straccio di penna per poter firmare quello straccio di foglio!
quando riuscii a coordinare i movimenti
ed afferrare la bic che stava sulla scrivania
feci la firma più tremolante della mia vita.
ma ormai era fatta.
dovevo solo preparare le valigie,
una, più piccola, con i miei vestiti.
l'altra, enorme, piena di TAVOR.