venerdì 31 dicembre 2010

FEET IN TRANSLATION - Il mio nuovo vicino - undicesima (E ULTIMA) parte

per la rubrica


chi trova un amico
trova un tesoro
ma chi ritrova un amico
dopo esser diventato uno schiavo?
si abbattono le ultime frontiere.
il processo è irreversibile.
la trasformazione è totale!

IL MINORE
LASCI LESTO QUESTE PAGINE
NON PROSEGUA OLTRE
PRENDA I SUOI PETARDI
E VADA A SCOPPIARNE PER STRADA
LONTANO DALLE BALLE!


Il mio nuovo vicino

undicesima (E ULTIMA) parte


Tornando dal centro commerciale, domenica mattina, trovai un ragazzo seduto sui gradini della mia veranda. Immaginai si trattasse di Tim, il nuovo schiavo di Joe. Parcheggiata la macchina nel vialetto, lui si alzò e mi venne incontro.
– Sei Tim, vero? – chiesi. Era molto carino, alto un po' più di me, biondo, occhi azzurri e un fisico ben curato.
– Sì. – rispose semplicemente.
– Aiutami a portare dentro le buste – gli dissi, senza troppe cerimonie. Portammo dentro la spesa, in gran parte formata dai cibi preferiti dal mio giovane padrone.
– Così tu vorresti diventare lo schiavo di Joe? – gli dissi mentre cominciavo a togliermi i vestiti.
– Sì, credo. – rispose lui.
– Parti già male con una risposta del genere – continuai, togliendomi il resto dei vestiti mentre lo sguardo di Tim si faceva sempre più perplesso. – Agli schiavi non è permesso indossare vestiti se non in pubblico o quando i loro padroni non lo consentono. Perciò...toglieteli! – dissi in tono più naturale possibile. Almeno avrebbe cominciato a capire cosa vuol dire essere uno schiavo. Tim iniziò a sfilarsi la maglietta e io iniziai con la lezione numero uno!
– Essere lo schiavo di un vero uomo significa donarsi a lui, completamente. Tutto ciò che fai deve essere in sua funzione. E non intendo solo sessualmente. Intendo vivere in una permanente condizione di servitù. Io cucino per il mio Padrone. Tengo la casa in ordine per lui, faccio le lavatrici, compro ciò che gli serve o che gli potrà servire.
Tim ascoltava e continuava a spogliarsi. Si fermò prima di togliersi i boxer
– Anche quelli! – ordinai. – Dovrai imparare a non vergognarti, se vuoi essere uno schiavo. È molto probabile che il tuo Padrone ti chiederà di servirlo in pubblico, davanti a tutti, e non ti sarà permessa nessuna esitazione. Non solo non dovrai vergognarti, dovrai sentirti fiero di essere messo in mostra! E se pensi di non riuscire a fare una cosa del genere, non sei tagliato per servire. – E continuai: – Essere uno schiavo vuol dire aver acquisito la piena consapevolezza di essere inferiore ad un vero maschio dominante. Devi essere convinto nel profondo che il tuo destino sia quello di servire. Non è un gioco, è uno stile di vita.
– Io sono fatto per essere uno schiavo – disse Tim con un'inaspettata convinzione. – È da molto tempo che me ne sono reso conto, ormai. So cosa vuol dire essere uno schiavo. Mi sono informato, ho letto libri e articoli su internet. La prima volta che mi è capitato di leggere qualcosa sull'argomento, ho capito immediatamente di appartenere a quel mondo. Non sono stato mai così certo di qualcosa. So che la mia vita non sarà completa finché non la dedicherò al servizio di un Padrone.
– Sono contento di sentirti parlare così – dissi, dissimulando un leggero fastidio. – Essere uno schiavo è la cosa migliore che mi sia mai capitata. Servire Joe e suo Padre è fantastico. È ciò per cui sono nato. Non fraintendermi, a volte è davvero dura. Può essere molto umiliante, ma non ho mai provato niente di più appagante, allo stesso tempo. I miei padroni sono davvero esseri superiori. È un onore anche solo essere in loro presenza.
– Forse essere uno schiavo è davvero la tua strada, – continuai, – Ho un po' di roba da farti leggere. Ci sono degli articoli su cosa vuol dire essere un servo e cosa comporta. Voglio che tu li legga, anzi, dovrai studiarteli. Sii certo di comprenderli a fondo. Rifletti bene su tutto, è un passo che non si può fare alla leggera.
– Ok, – rispose Tim, – ti prometto che leggerò tutto accuratamente. So già però che questo è il mio futuro. È da molto che ci penso, ancor prima che incontrassi Joe. Quando poi sono capitato in squadra con lui, nell'esatto momento in cui l'ho visto per la prima volta, il cerchio si è chiuso. Ho saputo fin da subito che sarebbe stato lui il mio Padrone. Da quel momento tutto sembrò avere un senso, tutto mi sembrò più facile.
Il ragazzo aveva sicuramente la stoffa per diventare un vero schiavo. Era evidente. Mi sembrava di sentir parlare me, mentre lo ascoltavo. La stessa consapevolezza maturata fin dall'adolescenza. La stessa sensazione di libertà appena incontrato colui che sarebbe diventato il mio padrone. E la sensazione di libertà che si prova nel diventare uno schiavo è talmente paradossale che riesce a provarla soltanto chi è destinato a questa vita, a chi sente dentro di sé il bisogno di servire.
– Beh, pensarci qualche giorno in più non ti farà male, – dissi poi. – Qui c'è dell'altro materiale. È un corso per imparare a succhiare bene il pisello del tuo Padrone. Uno schiavo deve conoscere più tecniche possibile per dare piacere al maschio a cui si sottomette.
Per la prima volta, quel giorno, il viso di Tim si illuminò di uno sorriso compiaciuto. Il pensiero di potersi occupare dello splendido uccello di Joe era probabilmente il compito che gli sarebbe più piaciuto. Così decisi che era il caso di chiarire ancora quel era il giusto modo di vedere le cose, anche quelle che potevano sembrare piacevoli!
– Faresti bene a toglierti quel ghigno dalla bocca! Ricordati che anche succhiare il pisello del tuo Padrone non ha nulla a che fare col tuo piacere. È sempre tutto in funzione della sua soddisfazione, non della tua!
– Per me va bene, – rispose lui, continuando a sorridere. Sapevo come si sentiva. Anche per me era sempre un piacere ricevere il cazzo del mio padrone. Far sentire un essere superiore come lui talmente bene da portarlo all'orgasmo era per me quasi più appagante che averne uno mio.
– Ti deve andar bene per forza! – dissi io, consegnandogli anche tutte le regole pratiche per servire Joe. Come salutarlo, come ascoltare i suoi ordini, come ringraziarlo. – Impara tutto a memoria. Infrangere le regole comporta sempre una punizione e ti posso dire per esperienza personale che una punizione non è mai piacevole. Joe pretende un'obbedienza totale e le sue punizioni sono severe. Sono sicuro che non sarai impaziente di provare la forza dei suoi muscoli su di te!
– Ok, studierò tutto per bene. Quando posso iniziare il vero allenamento? – chiese Tim.
– Se ne sarai ancora convinto, possiamo cominciare già domani. Chiamami quando ti senti pronto, – dissi, e aggiunsi: – E non ti segare! Uno schiavo appartiene interamente al suo Padrone. Quindi anche il tuo pisello non è più roba tua. Tu non vieni a meno che non sia il tuo Padrone a consentirtelo. Inizia anche ad assaggiare la tua urina, – decisi di testare la sua motivazione fino in fondo! – Al Padrone piace che il suo schiavo sia anche il suo pisciatoio personale. Ti ci vorrà un po' prima di abituarti ma è parte dei doveri di un inferiore!
– Ok – rispose, ma del suo sorriso compiaciuto ora non c'era più traccia!
– Dai, ora vattene a casa, ci sentiamo domani. – lo congedai, sentendomi un po' in colpa per essere stato così duro!

Per tutta la sera il mio padrone non si fece vedere. Passata la mezzanotte, io stavo già dormendo, mi svegliò con uno schiaffo in faccia. Senza dire niente, mi pisciò in bocca e poi mi ordinò di preparagli qualcosa da mangiare. Divorò il panino seduto al tavolo della cucina con i piedi appoggiati sulla mia testa e poi se ne andò.
Il telefono suonò alle dieci della mattina dopo. Stavo servendo a Joe la colazione. Tim, in una eccitazione quasi febbrile, mi chiedeva quando avrebbe potuto cominciare a fare sul serio. – Lo chiedo al Padrone, – risposi.
Andai da Joe, mi misi in ginocchio. – Signore, – dissi, – il tuo nuovo schiavo vuole sapere se può venire più tardi, per servirti.
– Digli di passare all'una, mentre guardo la partita, – rispose distrattamente. La notizia fu accolta da Tim tutt'altro che distrattamente. Potevo sentirlo fare salti di gioia! Riagganciò senza neanche salutare.
– L'hai istruito come si deve? – mi chiese il padrone.
– Sì, Signore, – risposi – gli ho dato tutto il materiale che avevo e gli ho parlato del significato di essere uno schiavo e servire un essere superiore. Mi è sembrato molto ansioso di servirti, Signore.
– Certo che lo è, – disse Joe – vuole strisciare ai miei piedi dal primo giorno che mi ha visto. Sarà divertente aggiungerlo alla mia scuderia. Però a te non piace essere in competizione, vero schiavo? – aggiunse accarezzandomi la testa come si fa con un cane.
– No, Padrone, – risposi sinceramente, – ma so che quello che importa è ciò che vuoi tu, quello che tu meriti di avere. Un maschio dominante come te ha tutto il diritto di circondarsi di molti servi. Io sono già onorato di poter far parte di quei fortunati, Signore.
– Bravo il mio leccapiedi, tu sai qual è il posto che ti spetta, – disse Joe finendo la sua colazione. Si alzò, mi si piazzò di fronte e: – Succhiami il cazzo! – mi disse, provvedendo così alla colazione del suo servo!

Qualche minuto prima dell'una, il padrone entrò in casa, si sbragò sul divano e ordinò una birra. Gliela portai, poi accesi la tv. – Dov'è l'altro schiavo? – mi chiese.
Tim bussò alla porta con cinque minuti di ritardo! Io ero furioso con lui. – Quando il tuo Padrone ti dice di presentarti all'una, tu ti presenti all'una, neanche un secondo dopo! – gli urlai contro, sottovoce!
Lui si scusò mentre si svestiva il più in fretta che poteva. Aveva un corpo atletico e il suo cazzo era già sull'attenti. Aveva il pisello più grosso del mio. Questo Tim cominciava a darmi veramente sui nervi.
– Scusati col tuo Padrone, non con me! – dissi indicandogli Joe che lo guardava, infastidito da un esordio non proprio perfetto.
Tim andò verso il padrone, si inginocchiò e chiese perdono per il ritardo. Joe non disse niente, quasi sembrò non far caso alle sue parole. Mi guardò e mi ordinò di prendere la frusta. Così feci, con una sottile soddisfazione. Gliela consegnai e mi feci da parte.
– Devi imparare un po' di rispetto, servo – disse il padrone rivolgendosi a Tim. – Mettiti a quattro zampe, col culo ben in alto. Il ragazzo scattò in posizione anche se i suoi occhi tradivano la paura che provava. Il padrone assestò dieci frustate. Cadenza regolare e mano leggera per la prima punizione di Tim. Tuttavia qualche segno rosso e qualche lacrima servirono per far apprendere al nuovo aspirante schiavo la lezione sull'orario. Di certo non sarebbe più arrivato in ritardo!
– Adesso datti da fare, – gli disse Joe, – affonda il tuo muso nel mio pacco! E anche tu! – disse a me. La competizione era appena cominciata!
Entrambi ci affannavamo per servire il nostro padrone. Tim sembrava addirittura affamato. Leccava e succhiava il cazzo enorme di Joe grufolando come un maiale. Io mi davo da fare con le sue palle invece. Tutto era come doveva essere. Due esseri inferiori si impegnavano al massimo per il piacere del loro signore. Joe sembrava apprezzare particolarmente quella inedita doppia attenzione. Ci lasciò andare avanti almeno per un'ora. Poi si alzò, tirò su Tim cose se fosse un pupazzo, lo sistemò a pancia in giù sul bracciolo del divano e comincio a scoparselo senza cerimonie. Il ragazzo, di sicuro non abituato, forse addirittura vergine, lasciava scappare dei lamenti sommessi, che, purtroppo per lui, sembravano stimolare Joe ancora di più! – Tu vieni qua, leccami il culo! – ordinò a me. Mi inginocchiai dietro di lui e cercai di fare del mio meglio. Non era per niente facile visto che il padrone continuava a fottersi Tim con colpi sempre più decisi. Passò un'altra ora e finalmente Joe lasciò sborrare il suo uccello, abbondantemente, dentro il povero Tim, che, ormai esausto, aveva smesso anche di lamentarsi. Se l'era cavata però e per ricompensa il padrone gli fece pulire il suo cazzo con la lingua.
Il resto del pomeriggio lo passammo cercando di servire il nostro padrone nel miglior modo possibile. Ci alternammo nel ruolo di pisciatoio. Tim ebbe qualche difficoltà a mandare tutto giù, soprattutto all'inizio. Col passare del tempo però, cominciò ad apprezzare anche quella funzione. Sembrò totalmente a suo agio nel suo nuovo ruolo di schiavo.
Joe se ne andò nel tardo pomeriggio per prepararsi all'appuntamento che aveva più tardi quella sera. Avrebbe sicuramente fatto felice qualche ragazza nonostante si fosse sfogato abbondantemente grazie a noi. Io rimasi da solo con Tim e lui sembrava un fiume in piena!
– È stato fantastico! – continuava a ripetere.
Cercai di riportarlo nel mondo reale! – Devi cercare di essere sempre pronto. La punizione che hai avuto oggi per essere arrivato in ritardo è stata molto leggera. Peggiorerà ogni volta che commetterai un errore. Devi essere totalmente sottomesso al tuo Padrone ed eseguire qualsiasi cosa lui ti dica di fare, non importa cosa.
– Lo so, – mi rispose lui, un po' sulla difensiva.
– Voglio solo metterti in guardia, – continuai. – Joe potrebbe divertirsi a metterti alla prova. Probabilmente dovrai fare cose molto umilianti per provare che desideri davvero essere il suo servo. Solo, sii preparato!
– Lo sarò. Ora farò meglio ad andarmene, – disse Tim. Ebbi l'impressione che non volesse ascoltarmi. Beh, avrebbe imparato la lezione nel modo più duro. Peggio per lui. Si rivestì e se ne tornò a casa.

Qualche giorno dopo, appena rientrato dall'ufficio, sentii il campanello della porta. I miei due padroni avevano le chiavi, non avevano bisogno di suonare; mi domandai chi potesse essere. Guardai dallo spioncino. Mark e Dave avevano deciso di scoprire che fine avesse fatto il loro amico di infanzia, quello con cui erano cresciuti, quello con cui avevano passato ogni giorno dai tempi del liceo. Mi misi addosso i primi vestiti che mi capitarono per le mani e aprii la porta, fingendo una tranquillità che assolutamente non provavo. Dopo i primi convenevoli, infranti sul muro delle mie reticenze, i miei due più cari amici fino all'estate precedente, mi invitarono alla partita di basket a cui sarebbero andati quella sera. Insistettero talmente tanto che non riuscii a dire di no. D'altra parte, Joe era fuori città per il weekend e il mio primo padrone non si faceva mai vedere nel fine settimana, così pensai di concedermi uno strappo alla regola.
Prima della partita, ci fermammo a cena nel pub dove andavamo sempre. Era come i vecchi tempi. Dire stronzate e fare gli scemi come succedeva da quando eravamo in classe insieme. La nostra amicizia si era stretta subito, appena ci ritrovammo nella stessa aula. E l'amicizia continuò anche dopo la scuola. Io e Dave fummo i testimoni di Mark al suo matrimonio. E cercammo di tirarlo su anche mentre affrontava la separazione e poi il divorzio. Tra i tre, il carattere di Dave si era sempre imposto e, gradualmente, era diventato il leader del trio, un ruolo che sia io che Mark, avevamo accettato di buon grado, come si accetta un fatto naturale.
Nel primo anno di liceo avevamo grosso modo tutti la stessa taglia. Poi Dave fece uno sviluppo inaspettato. Diventò il più alto fra noi e costruì il suo fisico con un esercizio costante. Avendo occasione di allenarci tutti insieme e di farci la doccia tutti insieme, ebbi modo di notare che proprio tutto si sviluppò nel corpo di Dave! Non so Mark, ma per quanto mi riguardava, pure questo aspetto mi faceva sentire inferiore al mio amico. Anche se io rimasi sempre quello più furbo così come Mark fu sempre quello più divertente dei tre, Dave diventò il boss! La sua naturale propensione al comando si delineò ancor di più proprio grazie ad una forza fisica sempre maggiore. Era come se il suo corpo si adattasse al suo carattere. Anche quella sera, a cena, e poi alla partita, i ruoli rimasero immutati. Dave non aveva perso il suo carisma, nemmeno un po'!
Quella rimpatriata non prevista finì poco prima di mezzanotte.
Girando la chiave nella toppa della porta notai qualcosa di strano. Ero sicuro di aver chiuso con due mandate e ora invece la porta si aprì con un solo scatto.
Quando vidi il bagliore della televisione accesa capii che ero davvero fottuto. Avevo soltanto bisogno di capire ai piedi di chi dover implorare il perdono.
Paul era seduto sul divano. Guardava CSI in televisione. Appena rientrai lui spense la tv, ed io deglutii in preda al panico.
– Dove sei stato? – mi chiese, glaciale.
Io mi ero già spogliato ed ero già in ginocchio ai suoi piedi.
– Sono stato ad una partita di basket con degli amici, Signore. – dissi con un filo di voce.
– Avevi il permesso per andare? – disse Paul.
– No, Signore. Mi dispiace, Padrone. – risposi.
– Ti è permesso uscire senza autorizzazione? – il tono di voce di Paul aveva una calma che non lasciava presagire nulla di buono.
– No, Signore – dissi mentre mi avvicinavo a grandi passi verso la punizione del secolo.
– Prendi la frusta! A quanto pare ti serve una rinfrescata su quale deve essere il tuo posto. – Appunto!
Consegnai la frusta al mio padrone e mi misi in posizione senza aspettare che lui me lo ordinasse. Con un atteggiamento di totale sottomissione speravo di poter alleviare le mie future sofferenze. Il padrone invece, per nulla impressionato dalla mia arrendevolezza, mi frustò come non aveva mai fatto prima. Nonostante il dolore fosse lancinante, appena finita la punizione strisciai verso i piedi di Paul per ringraziarlo. Ma la punizione non era ancora finita. Prese la mia testa come se non fosse attaccata al resto del corpo. Mi mise in bocca il suo cazzo già duro e cominciò a scoparmi la gola con violenza. Mi venne dentro in pochi minuti. Io feci appena in tempo ad inghiottire tutto quando un pugno in pieno viso mi fece cadere schiena a terra. Il padrone si alzò e venne verso di me. Vidi il suo piede che dall'alto atterrava sui miei zigomi. Paul spostò tutto il suo peso sul piede che mi stava schiacciando e, con voce calma, mi informò che quello non era che l'inizio. Io, in preda ad una paura mai provata, continuavo a leccare il suo tallone forsennatamente. La mia lingua era totalmente indipendente dalla mia volontà e totalmente condizionata dalla mia sottomissione.
– Raccontami di questi amici, – continuò il padrone. – Fammi capire perché sono talmente importanti da farti infrangere le regole che i tuoi padroni ti hanno dato!
Gli raccontai di Dave e Mark, di come diventammo amici per la pelle già dalle scuole ma presi altrettanto tempo per ripetere che, mai, i miei due amici sarebbero potuti essere più importanti dei miei padroni.
Per quella sera finì così. Paul uscì di casa senza dire niente. Io passai la notte in bianco per il dispiacere di aver deluso ancora una volta il mio primo padrone e per la paura di quello che sarebbe successo. Ero certo che Paul non avesse ancora chiuso la faccenda. Sapevo che di lì a poco mi avrebbe presentato il conto.

Rividi Paul e Joe soltanto il lunedì. Entrarono in casa insieme, e io non associai a quella coincidenza nessun buon presagio! Salutati entrambi, li seguii al divano. In ginocchio, davanti a loro, con la testa bassa, ascoltai il resto della mia punizione.
Mi ordinarono di invitare Dave e Mark al leather bar! I miei occhi erano spalancati, anche se i miei padroni non potevano vederli! Non avevo il permesso di dir loro cosa sarebbe successo ma avrei dovuto convincerli con ogni mezzo ad esser lì il venerdì sera successivo.
Ci misi un po' per convincere Mark. Dave invece accettò subito, lui era sempre pronto a sperimentare! Ci saremmo visti alle sette davanti al locale. La mia vita segreta stava per esser svelata ai miei più cari amici. Il mio rapporto con Dave e Mark, immutabile fin dai tempi della scuola, avrebbe subito un colpo dagli effetti imprevedibili. Il venerdì si faceva sempre più vicino e l'ansia raddoppiava dopo ogni ora.

Senza rendermene conto, mi ritrovai sul sedile posteriore della macchina del mio padrone, completamente nudo eccetto per il collare. In silenzio ascoltavo le istruzioni di Paul su come mi sarei dovuto comportare quella sera. Ovviamente c'era anche Joe, che però era occupato a rispondere a messaggini di qualche sua pretendente. Il padrone mi disse di trattare i miei due amici con lo stesso rispetto con cui trattavo lui e Joe.
Appena arrivati al locale, Paul attaccò un capo del guinzaglio al mio collare e l'altro capo lo fissò alla sua cintura. L'umiliazione era totale!
Vidi subito Mark e Dave seduti in un tavolo in fondo alla sala. Li indicai al mio padrone. Loro non mi avevano riconosciuto. Soltanto quando fummo ad un metro, i miei due amici mi squadrarono con un'aria stupefatta. La bocca spalancata e gli occhi sbarrati valevano più di ogni commento.
Arrivati al tavolo, mi inginocchiai di fronte a loro.
– Vi ho chiesto di venire qui stasera per mostrarvi chi sono realmente. Io sono uno schiavo. E questi, sono i miei due Padroni.
Feci le presentazioni ufficiali e Paul e Joe si sedettero insieme ai miei amici. Io continuai.
– Essere un schiavo è ciò per cui sono nato. È quello che ho scelto di essere. È ciò di cui vado più fiero. Io sono inferiore agli altri maschi, maschi dominanti come i miei Padroni. Sono inferiore ai maschi come voi, – dissi, con gli occhi bassi, ai miei due migliori amici.
– Vivo per servire i miei Padroni. Sono tutto ciò che è importante per me. Sono a loro disposizione. Pulisco la loro casa, cucino per loro, succhio i loro piselli, bevo la loro urina. Servirli mi fa felice quanto nessuna altra cosa provata finora. Questo mi dà la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta.
– Stanotte sarò punito per aver dimenticato qual è il mio posto e per essere venuto a vedere la partita con Voi senza averne il permesso. Uno schiavo deve pensare sempre e solo al suo Padrone. Quando ho scelto di uscire con voi, l'altra sera, ho messo il mio divertimento davanti al rispetto e al servizio per i miei Padroni. Per questo merito di essere punito. – Presi un sospiro, arrivava la parte più dura.
– I miei Padroni desiderano che stasera voi mi usiate come vostro schiavo. Io Vi servirò in qualunque modo Voi vogliate!
Ecco, avevo compiuto il passo da cui non sarei più tornato indietro. Mark continuava a guardarmi con un'espressione sbigottita. Dave invece aveva già cambiato il suo atteggiamento, e lo stupore aveva ben presto lasciato il posto ad una strana eccitazione.
– Perché non diamo a Mark e Dave una dimostrazione? Che ne dici schiavo? – disse Joe, annoiato da questa lunga introduzione. – Vieni qua a succhiarmi il cazzo! – Il giovane padrone si alzò, mise le mani sui fianchi, io mi avvicinai a lui e gli slacciai la patta per tirar fuori il suo uccello possente. La mia tecnica era ormai perfetta. Sapevo esattamente come dar piacere al mio Padrone. Sentivo avvicinarsi il momento della mia ricompensa e Joe, un attimo prima, mi ordinò di non mandare giù il suo sperma. Pochi secondi dopo mi riempì la bocca del liquido caldo e denso.
– Adesso fa' vedere ai tuoi amici a cosa può servire la tua bocca! – mi ordinò
Io mi girai verso di loro con la bocca ben aperta. Rimasi così in attesa di ordini.
– Ora puoi ingoiare, frocetto! – disse Paul. Mandai giù fra le risate di Dave.
Paul volle aiutarmi a sciacquare la bocca con una abbondate pisciata. La dimostrazione della mia inferiorità era, di certo, arrivata forte e chiara ai miei amici e questo mi rendeva più sereno. Ero orgoglioso che loro potessero sedere allo stesso tavolo con i miei due padroni.
Passai le successive due ore a fare da cameriere per Dave, Mark, Joe e Paul. Quando non ero impegnato a portar loro da bere me ne stavo seduto ai loro piedi. Mark era ancora profondamente a disagio ma Dave sembrava in perfetta sintonia con i miei padroni. Se la spassava. Entrò subito in confidenza con loro e non aveva alcun problema nel darmi ordini. Io ero in silenzio, come un cane deve fare mentre i suoi padroni non hanno bisogno di lui, e nel frattempo Paul e Joe svelavano a Dave tutti i dettagli della mia schiavitù.
Verso le nove e mezza, quando il bar era pieno zeppo di gente, Paul decise che era il buon momento per la seconda parte della mia punizione. Chiese l'attenzione del locale e annunciò che il suo schiavo sarebbe stato punito per avergli disobbedito. Mi portò al centro della sala. Legò le mie caviglie a due anelli fissati al pavimento che mi obbligavano a tenere le gambe divaricate. Poi fissò i miei polsi ad una barra che scendeva dal soffitto. Non avevo più alcuna possibilità di movimento. Paul andò dal gestore del locale e tornò con in mano una lunga canna di legno e con quella mi obbligò a contare cinquanta scudisciate. Io le contai con voce sempre meno chiara perché il dolore era indescrivibile e aumentava ogni volta di più. Tutti erano intorno a me e ridevano e applaudivano ad ogni colpo. Finito il supplizio fui lasciato lì, appeso in mezzo al bar, alla mercè di chiunque volesse approfittarsi di me.
Ovviamente nessuno si fece pregare. Insulti e derisioni erano accompagnate da schiaffi in testa e strizzate di palle. Un paio di ragazzi mi sputarono in faccia. A molti piaceva tormentare il mio sedere già rosso per la punizione ricevuta dal mio padrone. Si divertivano a farmi gemere di dolore. Forte in me, per tutto il tempo in cui rimasi legato come un salame, era la consapevolezza di quanto meritassi quella punizione.
All'improvviso, al posto di tutti quegli sconosciuti, mi ritrovai di fronte Dave. Io lo guardai negli occhi. Lui fece altrettanto. Il suo sguardo era diverso, il suo atteggiamento era diverso. Non potei far altro che abbassare gli occhi e dimostrare così la mia sottomissione.
– Paul e Joe mi hanno detto che bravo piccolo servo sei! – cominciò lui. – Mi hanno raccontato ogni dettaglio. Sei solo un patetico succhiacazzi. Lo sapevo. L'ho sempre saputo. Ho sempre fatto mille supposizioni su di te. Mi sei sempre sembrato così pronto a compiacere. Adesso capisco il perché. È un peccato che ci sia arrivato solo ora. Avrei potuto divertirmi con te già da molto tempo. Avresti potuto prenderti cura del mio bel cazzo grosso e non avrei dovuto più pensare a farmi una sega da solo! – Dave mi parlava vicino alla faccia, il suo alito era caldo, sapeva di birra, ma lui non era affatto ubriaco. Diceva quelle cose in piena consapevolezza. – Beh, fortunatamente i tuoi padroni mi hanno dato il permesso di usarti ogni volta che ne avrò voglia. Credo che farò buon uso della tua bocca! – Poi guardò il mio pisello. Anche se era cosi duro da scoppiare rimaneva pur sempre un cazzetto da deridere. – Guarda che roba, mi sa che quella miccetta non è cresciuta di un centimetro da quando ti conosco. – E ridendo, si girò e tornò al tavolo con i miei padroni.
A fine serata, Dave era già buon amico di Paul e Joe. Finalmente mi liberarono ed io potei sgranchirmi le gambe e i polsi. Mark era già andato via, ovviamente senza salutarmi. Avevo l'impressione che non l'avrei rivisto mai più. Paul agganciò di nuovo il guinzaglio al mio collare ed io li seguii fuori. Sentivo che si accordavano per tornare presto nel leather bar. Erano ormai ai saluti quando Dave pensò di far valere la promessa che gli era stata fatta dei miei padroni solo qualche ora prima. Si girò verso di me e – Mi sa che ho voglia di un bocchino – disse, senza rivolgersi a me direttamente.
– In ginocchio, servo! – ordinò Paul.
Mi inginocchiai ai piedi del mio migliore amico! Guardai in alto e vidi i suoi occhi luccicanti e la sua bocca con su stampato un sorrisetto compiaciuto. Gli tirai fuori l'uccello. Ci avevo fantasticato sopra un sacco di volte. Era lungo e robusto e diritto come un bastone. Era già duro quando me lo spinse in bocca. Stavo per dare al mio amico tutto il piacere di cui ero capace e sarei stato ricompensato con la sua sborra. Non ci volle molto per sentire almeno sei abbondanti fiotti che inondavano la mia bocca. Solo quando sentii il suo cazzo sgonfiarsi, mandai giù il seme di Dave.
– Assicurati che lo mandi tutto giù, Dave, – suggerì Joe, – aiutalo pisciandogli in bocca!
Dave ridacchiò. Ci mise un po' ma alla fine il suo pisciò sgorgò, abbondante, arrivandomi direttamente in gola. Pisciava come se fosse davanti ad un orinatoio pubblico, in qualche stazione di servizio. Ed in effetti era così. In quel momento, io, per lui, non ero altro.
– Cazzo, non vedo l'ora di rifarlo! – disse Dave rimettendosi l'uccello dentro ai pantaloni.
– Usalo ogni volta che ti pare! – lo rassicurò Joe.
Alla fine ci separammo. Io presi il mio posto nel sedile posteriore della macchina del mio padrone e, in silenzio, aspettai che arrivassimo a casa. Una volta lì, mi inginocchiai di fronte a Paul e Joe e li supplicai di perdonarmi per aver mancato loro di rispetto in modo così grave. Volli esser certo che capissero che avevo davvero imparato la lezione, che avevo l'esatta consapevolezza delle gravità delle mie azioni.
– Niente è più importante per me che essere il vostro servo, – continuai. – D'ora in poi spenderò ogni mia energia per compiacervi, ve lo giuro, Padroni. Grazie per aver punito questo schiavo. – Mentre imploravo il loro perdono, leccavo le loro scarpe, baciavo freneticamente i loro piedi. Joe, per tutta risposta, decise di suggellare quel momento pisciandomi in testa.
– Non ti fare la doccia fino a domani, idiota! – mi ordinò il giovane padrone. Ringraziai di nuovo, e presi congedo!

La mattina seguente, mentre servivo a Joe la sua colazione, lui mi informò di una decisione che cambiò definitivamente la mia vita.
– Da oggi mi trasferisco a casa tua, servo, sei contento? Il che vuol dire che da oggi casa tua sarà casa mia!
Ero stupito. Non riuscivo a pensare. Avrei finalmente potuto vivere la mia realtà di schiavo per ventiquattro ore al giorno.
– È una notizia fantastica, Signore! – risposi con entusiasmo. – Quali delle camere libere posso prepararti?
Joe mi guardò con pietà, come se avesse davanti a lui il più stupido dei cretini. – Secondo te chi ha più diritto di usare la camera padronale, tu o IO?
– Tu, Signore, certamente tu, scusami. Tu meriti tutto il primo piano. Io mi sistemerò nello scantinato. – risposi.
– Bravo, fai sparire tutta la tua roba del cazzo entro questo pomeriggio. Voglio che entro sera sia tutto pronto per me.
– Si, Padrone, mi occuperò di tutto.
Joe finì la sua colazione mentre io leccavo con devozione i suoi piedi, per ringraziarlo di quell'onore insperato.
Passai il resto della giornata a traslocare le cose di Joe nella sua nuova casa e le mie nel nuovo, scuro, umido alloggiamento!
Quando il padrone tornò dagli allenamenti, quella sera, e prese possesso dei suoi nuovi spazi, portò con sé anche Tim, il suo secondo servo. Cenò guardando la televisione mentre i suoi due schiavi lo adoravano, accucciati ai suoi piedi, sotto la tavola. Dopo la cena si scopò Tim, mentre io guardavo. Sembrava proprio che gli piacesse far male al suo nuovo servo, mentre lo fotteva. Evidentemente lo divertiva il modo in cui Tim si sforzasse di trattenere i lamenti!

Quella notte la passai nello scantinato. Prima notte di una lunga serie. Tutto ciò che qualche mese prima possedevo, i miei soldi, la mia casa, le mie comodità, la mia macchina, tutto apparteneva ora al mio padrone. Sapevo che era giusto così. Ero consapevole che quella era la natura delle cose. Joe era un essere superiore. Io un inutile schiavo, inutile fino a che un padrone, degno di questo nome, non mi avesse fatto il dono di potergli dedicare la mia vita. Ero stato fortunato. Joe aveva dato un senso alla mia esistenza. Accettandomi come suo servo, mi aveva reso libero. Finalmente!

ci siamo!
finisce l'anno
e finisce pure la storia del servo e dei suoi due padroni!
l'esperimento di traduzione
iniziato undici capitoli fa
conferma che l'italiano
meravigliosa lingua
di gran lunga più evocativa e suggestiva che l'inglese
perde però sul campo dell'immediatezza.

non ho mai potuto tradurre espressioni come
MASTER PAUL o MASTER JOE
molto spesso usate nel racconto originale,
che in italiano sarebbero suonate false o ridicole,
così come ho trovato intraducibile
l'abitudine, sottilmente umiliante, tutta americana, di rivolgersi al proprio schiavo
usando il "diminutivo" BOY
(anche se lo schiavo è più vecchio del padrone).

l'indiscutibile ricchezza dell'italiano
non riesce a competere con la duttilità dell'inglese
che  sa  comporre parole credibili
semplicemente accostandone due insieme.
cocksucker
e le sue innumerevoli varianti
si riescono a rendere in italiano solo con "succhiacazzi".
alternative, altrettanto valide, non me ne sono venute in mente.
per non parlare poi di espressioni come
cum-eater
piss-drinker
dog-slave
dog-trainer
che immediatamente rendono l'idea di quello che si intende dire e che possono essere usate anche in dialoghi senza che questi perdano di efficacia.
parole create all'occorrenza
che non si possono tradurre in italiano, almeno con altrettanta concisione.

in generale
raccontando in italiano la storia di Paul e Joe
mi sembra che tutto risulti ancora più irreale, benché stimolante
(come mi è parso di capire dai commenti!!).
non escludo che raccontare in italiano
una storia ambientata in un contesto così palesemente lontano dal'italia
possa aver minato la sua credibilità.
mi chiedo se una storia ambientata a roma
a torino
o, che ne so, a gallarate
possa avere sfumature più adatte ad esser raccontate in italiano...
...magari faccio un esperimento
nel 2011.
per ora
buona fine e buon principio!!!

9 commenti:

Mat ha detto...

Qualcuno, gentilmente, mi spiega come si fa a diventare schiavo di qualcuno?!?!?!? Vi prego..Non vedo l'ora...

feetmeet ha detto...

prova a mettere un annuncio sul corriere della sera :)
hai visto mai..!

FederSim ha detto...

Cazzo. Sono scioccato. Gli altri capitoli potevano contenere immagini forti, scene particolarmente ardite, ma mai fino a questo punto... ma non è dal punto di vista sessuale, quanto dal fatto che questo povero Cristo sia stato abbandonato da tutti, persino dai suoi migliori amici... mi sono commosso... sono scioccato, davvero...

feetmeet ha detto...

via, via, FEDERSIM, si tratta pur sempre di un racconto di fantasia (almeno credo) e poi, a ben vedere, uno dei due migliori amici del povero cristo non l'ha abbandonato affatto!!!

Mork ha detto...

mi piacciono i piedi maschili mi piace adorarli ma ma mi piace dire di NO! essere libero di dire SI mi piace NO non mi piace.

FederSim ha detto...

Sì, ma è una cosa bruttissima... è stato umiliato dai suoi migliori amici... non è che, poiché uno fa le pompe ad uno che lo ha pure trattato una merda, non l'ha perso... anzi, l'ha perso due volte... beh, perlomeno questo è un racconto; spero che nessuno abbia mai passato questo calvario.

feetmeet ha detto...

una cosa bruttissima che però il servo ha fortemente desiderato e da cui non tornerebbe mai indietro.
e se pure quello era un racconto, non si può escludere che ci siano persone realmente attratte da questo genere di relazioni!
per esempio, il nostro amico MAT, che per primo ha commentato, questo "calvario" vorrebbe proprio viverlo! è una questione di propensioni, e di gusti. anche l'atto stesso di leccare i piedi a qualcuno, per molti è disgustoso. chi frequenta queste pagine (compreso tu, immagino) lo trova invece estremamente piacevole.

Anonimo ha detto...

Vi prego ditemi come si diventa schiavo di qualcuno, lo desidero con tutto il cuore!!!

stephenslave ha detto...

Anch'io ho molto apprezzato tutta la storia di questo maschio che si sottomette fino a diventare lo schiavo di due maschi dominanti. Mi sono segato diverse volte per l'eccitazione che il racconto della vicissitudine del protagonista mi ha provocato. mentalmente mi ci sono immedesimato e mi piacerebbe provare qualcosa del genere almeno una volta. Leccare i piedi odorosi di un maschio muscoloso e dominante ed essere frustato è uno dei miei fetish come schiavo