martedì 30 novembre 2010

FEET IN TRANSLATION - Il mio nuovo vicino - decima parte

per la rubrica


a volte ritornano!
e mestiere del servo
è quello di essere sempre disponibile
sia per il primo
che per il secondo padrone.
e poi è venerdì sera,
si esce!

IL NAVIGATORE NON ANCORA DI MATURA ETÀ
ARRESTI LA SUA LETTURA
OLTRE NON VADA
FUGGA DA QUESTE PAGINE DI PERDIZIONE
DIRIGA LA SUA ROTTA




Il mio nuovo vicino

decima parte


Venerdì sera. Ero a casa. Joe, il mio giovane padrone, era ad una partita di football. Il mio programma era semplice. Sprofondare nel letto il prima possibile. Ero esausto dopo una settimana di duro lavoro e di sovrumano allenamento con Clayton.
Alle nove, sentii aprire la porta. Immaginai che fosse Joe, in leggero anticipo rispetto ai suoi orari. Lasciai quello che stavo facendo per correre a salutarlo come merita un essere superiore, e mi trovai davanti Paul, il mio primo padrone! Rimasi stupito. Dopo qualche secondo passato a riprendermi da quella visione inattesa, mi inginocchiai e arrivai a quattro zampe fino ai suoi piedi. Ero contentissimo di vederlo. Non avevo avuto molte opportunità di servirlo dopo che Alan e Karen erano entrati a far parte della scuderia! Baciai i suoi piedi con devozione e mi misi in posizione di attesa. – Benvenuto Signore! È un piacere vederti! – dissi con rispetto.
– Mettiti qualcosa addosso – disse lui, ignorando la mia trepidazione, – andiamo in un posto!
Corsi in camera mia e indossai i pantaloncini della tuta, la prima cosa che trovai. Lo seguii fino alla sua macchina. Mi concesse di sedermi sul sedile del passeggero. Mentre guidava disse: – Andiamo in un leather bar, mi vedo con degli amici. In un locale del genere non è strano per un uomo avere il suo schiavo al seguito, quindi non ti sentirai fuori posto. Gli schiavi ovviamente devono stare nudi, quindi appena arriviamo, togliti quei pantaloncini.
Per la prima volta sarei rimasto nudo, in pubblico, in veste di schiavo. Ero nervoso. Ma avevo vicino il mio padrone, e questo mi aiutava a pensare che tutto sarebbe andato per il meglio.
– Gli schiavi si devono comportare in modo appropriato – continuava ad informarmi Paul. – Devono trattare tutti i maschi dominanti con rispetto, rivolgendosi ad ognuno chiamandolo “Signore”. Parlerai solo se prima ti viene rivolta la parola e quando non starai servendo me o altri superiori, sarai seduto per terra, ai miei piedi, e il tuo sguardo dovrà essere fisso sul mio pacco! Tutto chiaro, servo?
– Sì, Signore! – mi affrettai a rispondere.
– E visto che sei così portato, uno dei tuoi compiti sarà quello di fare da orinatoio per me e tutti gli amici seduti al mio tavolo. Quando qualcuno di loro dovrà pisciare, tu gli slaccerai i pantaloni, tirerai fuori il pisello, lo punterai dritto nella tua bocca, ed ingoierai tutto, senza perdere una goccia. Una volta che il mio amico avrà finito, pulirai per bene la sua cappella e lo ringrazierai per averti usato come pisciatoio!
– Sarà un onore, Signore! – dissi. Sarebbe stata una nuova esperienza per me, una di cui non sentivo l'esigenza, in realtà. Avevo sempre considerato con timore l'idea di frequentare un leather bar. Avevo l'impressione che gli uomini soliti a frequentare posti del genere fossero totalmente fuori della mia portata. Ora invece mi sarei trovato in un leather bar, nudo come un verme, accompagnato dal mio padrone e dai suoi amici. Un ingresso di tutto rispetto!
Il mio padrone mi distolse dai miei pensieri aggiungendone uno ancora meno tranquillizzante: – Se osi mettermi in imbarazzo avrai una punizione come nessun'altra avuta finora. – mi ammonì. L'avvertimento arrivò forte e chiaro nella mia testa!

Arrivati al bar, parcheggiammo sul retro. Ci avviammo all'ingresso, tenni la porta aperta per il mio padrone ed entrammo in un posto buio e pieno di fumo. Era abbastanza affollato. Molti indossavano completi di pelle e quasi tutti erano uomini grossi e minacciosi, almeno così sembravano a me. Sarà stata una suggestione ma quando entrai nel locale, mi sentii addosso tutti gli occhi dei presenti. Anche se in un posto del genere è abbastanza normale vedere schiavi al seguito dei propri padroni, assistere all'ingresso di un ragazzo completamente nudo, soltanto con una catena al collo, è un evento che attira l'attenzione. Il mio primo istinto fu quello di coprirmi, ma sapevo che sarebbe stato un comportamento sconveniente. Così, con le mani pietrificate dietro alla schiena, mi concentrai a seguire il mio padrone. Era facile aspettarsi che gli inferiori nella mia posizione fossero oggetto di battute e scherzi oltre che di sguardi. Ancora una volta mi ritrovavo a ringraziare Clayton per l'ottimo lavoro fatto sul mio fisico, di cui almeno non dovevo vergognarmi. A farmi vergognare bastava il mio piccolo cazzetto eternamente eretto. D'altra parte, il divieto di venire se non espressamente concesso, mi condannava ad essere in stato di eccitazione perenne.
Paul trovò il tavolo con i suoi amici. Clayton era uno di loro. Non riconobbi gli altri due.
– Allora questo è il tuo schiavo? – disse quello più giovane. Avevo sentito Clay rivolgersi a lui chiamandolo Steve.
– Sì, fa parte delle mie proprietà! – disse il mio padrone, sorridendo. Contemporaneamente tirò fuori venti dollari dal suo portafogli e li consegnò a me: – Portami una birra! – ordinò. – Qualcun altro ne vuole? – chiese ai suoi amici. Clayton accettò. – Due birre – ribadì il padrone.
Mi feci largo fra la folla che riempiva il bar per arrivare al bancone. La gente continuava a stuzzicarmi e a prendersi gioco di me e del mio pisello dritto. Notai altri due servi, nudi e con collare anche loro, e fu un sollievo sapere che non ero il solo in quella condizione. Finalmente arrivai al bancone e chiesi due birre al barista. – Gli schiavi devono ordinare dal fondo del bancone – disse rudemente, indicandomi dove andare.
– Mi scusi Signore! – dissi e raggiunsi il posto appropriato al mio stato.
Una volta lì, un uomo mi afferrò per le palle! Era un uomo grosso, indossava pantaloni di pelle ma nessuna maglietta, mettendo in mostra il torace peloso e le braccia possenti. – Ragazzo, ti rendi conto che essere il servo di un altro uomo è il livello più basso a cui un essere umano può ridursi? – mi chiese.
– Sì, Signore. – risposi semplicemente.
– E ti piace essere di proprietà di un altro uomo? Ti piace il fatto che lui ti usi come gli pare?
Era evidente che mi stesse umiliando per il piacere degli amici con cui stava. Così mantenni il mio ruolo e risposi con rispetto: – Sì, Signore. È quello per cui sono nato – e poi, sperando di averlo fatto contento, aggiunsi: – Signore, mi scusi, devo prendere da bere per il mio Padrone. Probabilmente non dovrei farlo aspettare tanto!
– Baciami i piedi e ti lascio andare! – disse lui. Mi inginocchiai senza un attimo di esitazione e baciai i suoi piedi mentre lui e i suoi amici ridevano rumorosamente. Mi piaceva sempre dare a questi maschi dominanti le soddisfazioni che meritavano per essere così superiori a me.
Mi rialzai e aggiunsi, in tono sentitamente sottomesso: – È stato un onore poter baciare i suoi piedi, Signore. Posso ordinare da bere per il mio Padrone adesso?
– Sei uno schiavo ben addestrato, sai comportarti con i tuoi superiori. – disse lui. – Il tuo padrone deve essere fiero di te. Scommetto che sei anche un ottimo succhiacazzi. Ti piacerebbe darti da fare con questo? – disse maneggiando un generoso gonfiore dentro ai suoi pantaloni!
– Mi piacerebbe molto, Signore, ma devo proprio occuparmi del mio Padrone. Sarò punito severamente se lo faccio aspettare troppo.
Fortunatamente si convinse a lasciarmi andare.
Riuscii a chiedere due birre al barista. Pagai, lo ringraziai e tornai al tavolo. Nessuno fece caso a me. Presi posto ai piedi di Paul e fissai il mio sguardo sul suo pacco, come mi aveva ordinato di fare. Era una sottile ma cocente umiliazione, starsene lì, immobile, con gli occhi fissi sul cazzo di un altro uomo, come un cane da punta che fissa il suo osso. Era un modo per sottolineare una volta di più che, mentre il mondo intorno viveva i suoi interessi, l'unica priorità della mia vita iniziava e finiva nei pantaloni del padrone.
Dopo circa mezzora, Paul si alzò e mi disse che doveva pisciare. Io, diligentemente, aprii la patta dei suoi jeans, tirai fuori il suo grosso pisello e spalancai la bocca, ben consapevole che molti occhi si sarebbero concentrati su di me. Un fiotto potente sgorgò dal cazzo del mio padrone. Anche i tavoli vicini avevano smesso di parlare e guardavano soltanto me. Ben presto tutto il bar ammirava il punto più basso in cui un uomo può scendere. Io, dal canto mio, facevo il mio dovere, sapendo che un'umiliazione del genere era parte del mio ruolo di schiavo. Una volta finito, pulii con rispetto le ultime gocce di urina e ringraziai il mio padrone. L'intero locale si sciolse in un'ovazione. Io, ignorando gli applausi, o almeno facendo finta di niente, tornai al mio posto, seduto per terra, e ripresi a fissare il pacco di Paul, aspettando il prossimo ordine!
Era buffo. Poco prima, in macchina, durante il tragitto che mi avrebbe portato nel leather bar in veste pubblica di schiavo, provavo ansia per quello che sarebbe potuto accadere. Ora, dentro la mia mente, si faceva strada un senso di appagamento e gratitudine per il mio padrone. Ero fiero di poter esser lo strumento attraverso cui tutti potessero vedere la superiorità di Paul. Sempre di più sentivo il bisogno di essere usato di fronte ad altri, di pubblicizzare il mio stato di servo, per poter servire il mio padrone anche in un modo diverso. Rendendolo ancora più vincente agli occhi degli altri oltre che ai miei.
Poco dopo Clayton si alzò per andare in bagno. Paul lo fermò invitandolo ad usare il suo orinatoio! – Ok! – disse il mio istruttore – Tracy ha avuto in bocca il mio pisello già un sacco di volte, ma non ha mai avuto il piacere di mandare giù il mio piscio. Ti va di farti una bella bevuta? – disse infine rivolgendosi a me.
– Sì, Signore, sarebbe un onore! – risposi. E non era solo per forma. Ammiravo Clayton e adoravo servirlo per dimostrargli quanto mi sentissi umile di fronte a lui. – Posso? – gli chiesi, facendo per slacciare i bottoni dei suoi jeans.
– Prego – disse lui, sogghignando. Replicai la performance fatta poco prima per il mio padrone. Di nuovo ottenni l'attenzione di tutto il bar. Di nuovo, l'adempimento del compito venne sottolineato da applausi, fischi e urla!
Per molte ore, quella notte, continuai a portare birre e ingoiare urina del mio padrone e dei suoi amici. Fui costretto anche a chiedere molte volte a Paul il permesso di andare al bagno, per svuotare la vescica che loro stessi continuavano a riempire! Durante una delle mie ritirate mi imbattei di nuovo nel tipo che mi aveva fermato al bancone, qualche ora prima. Questa volta pretese che gli succhiassi il cazzo. D'altra parte, aggiunse, glielo avevo promesso. Non era il caso di discutere circa gli impegni presi, veri o presunti che fossero. Mi trovavo di fronte ad un maschio dominante e avevo il dovere di fare ciò che mi ordinava. Mi misi in ginocchio e gli offrii uno dei miei servizi deluxe! Lui scoppio nella mia bocca, afferrò la nuca e tenne la mia testa immobile in quella posizione per un paio di minuti. Fortunatamente avevo una resistenza ben più ampia. – È stato il pompino migliore che abbia mai avuto! – disse dopo aver ripreso lucidità! – Cazzo, il tuo padrone è un uomo fortunato.
Mi congedai da lui avendo ben chiaro in mente che il vero fortunato tra me e il mio padrone ero senz'altro io.
A fine serata, orgogliosamente, seguii il mio padrone fuori dal locale. In macchina mi disse che era contento di me, che mi ero comportato come un bravo schiavo. – Ti sei divertito? – aggiunse.
Ci pensai su un momento. – Sì, Padrone. Sai, è sempre un onore per me servirti. Mi sono reso conto di una cosa. Desidero che più gente possibile mi veda ai tuoi piedi. Ero veramente fiero di essere al tuo fianco stasera, Padrone. Spero che vorrai portarmi di nuovo con te!
– Tu sei nato per essere un servo! Questo è il motivo per cui tutto ti sembra così naturale – disse Paul.
– È vero, Signore. Essere uno schiavo, il TUO schiavo, è la cosa migliore che mi sia mai successa. Non sono mai stato così felice. Ti devo tutto. Sento veramente di appartenerti, Padrone!
Il resto del tragitto verso casa lo passai in silenzio. Appena arrivati, senza scendere dalla macchina, il mio padrone mi ordinò di succhiarglielo. Eravamo nel vialetto, tutti avrebbero potuto vederci. Beh, sarei stato fiero di mostrare agli altri come dare piacere del proprio padrone. Mi impegnai al massimo e fui ricompensato da abbondanti fiotti di sborra. Mentre pulivo le ultime gocce dal pisello del mio padrone, Paul mi disse che, per ricompensa, avrei potuto segarmi quella sera, prima di andare a dormire. Anzi, fece di più. Si tolse le scarpe, si sfilò i calzini e me li diede, in modo che potessi adorarli mentre svuotavo le mie palle! Non persi l'occasione per baciare i suoi piedi nudi e caldi. Lo aiutai a rimettersi le scarpe, baciai anche quelle augurando a Paul la buonanotte.

Già pregustavo il mio premio e la ricca dormita che ne sarebbe seguita e invece, appena chiusa la porta, mi accorsi che le mie mansioni, per quel giorno, non erano ancora finite! Joe era sdraiato sul divano, mezzo addormentato, con la televisione accesa. Appena entrai però si alzò di scatto e venne verso di me con fare non proprio amichevole! – Dove cazzo sei stato, coglione? Lo sai che il tuo compito è stare qui ad aspettare di servirmi, tu piccolo insignificante pezzo di merda?
Senza fiatare, mi misi in ginocchio e cercai di giustificarmi. – Signore, ero con tuo padre. Mi ha portato in un leather bar. – dissi con tono implorante giusto un attimo prima di baciare i suoi piedi nudi.
Far riferimento a suo padre sembrò placare il mio giovane padrone. Si tolse i pantaloncini che ancora portava dalla partita, tornò a sedersi sul divano.
– Mettiti al lavoro, succhiacazzi – disse, poggiando i suoi piedi sul tavolino da caffè e aprendo le gambe. Io, strisciando, mi infilai nel mezzo e cominciai a leccargli le palle e a succhiargli il pisello, respirando avidamente il profumo acre del suo pacco. Joe mugolava di piacere e questo mi eccitava sempre, moltissimo. Dopo qualche minuto tirò su le gambe. Io mi ritrovai la faccia fra le sue chiappe! – Adesso leccami il culo! – mi ordinò. Stavolta non tentennai neanche un secondo, e cominciai subito a fare del mio meglio. Spingevo la lingua più che potevo e Joe sembrava impazzire di piacere.
Passarono dieci minuti e il mio padrone si alzò improvvisamente. Troneggiava sopra di me, col suo cazzo dritto e lucido, i suoi quasi due metri d'altezza, il suo corpo statuario.
– Stasera mi ti scopo! – sentenziò.
Io ero sorpreso. Non aveva mai dimostrato che potesse interessargli usarmi in quel modo! Ovviamente non poteva che farmi piacere. Soddisfare il mio padrone, in ogni modo, era per me il traguardo più importante. Certo, avevo qualche timore nell'immaginare quel pisello così grande dentro al mio sedere. Fortunatamente Joe non mi diede modo di pensarci troppo su!
– Mettiti un po' di lubrificante e aspettami in camera! – ordinò.
Mi raggiunse dopo qualche minuto. Si buttò sul letto e mi disse di lavorare ancora un po' sul suo uccello: – Fallo diventare bello duro, frocetto!
Non ci volle molto per raggiungere lo scopo. – Bravo servo, ora mettimi un po' di gel sul cazzo. – E io così feci accuratamente. Joe si tirò su, mi afferrò per i fianchi, e come se non pesassi niente, mi girò mettendomi a quattro zampe sul letto. Lui si sistemò dietro di me – Eccolo che arriva! – disse ridacchiando, e infilò solo la punta del suo uccello. Era enorme. Mi sfuggì un gemito di dolore. – Chiudi quella bocca del cazzo, idiota. Abbiamo appena cominciato! – mi rassicurò Joe!
Poi lo spinse tutto dentro! Così, d'un colpo, tutto dentro! Era come se qualcuno avesse infilato nel mio sedere una palla da baseball! Cercai di rimanere zitto ma il dolore era troppo intenso, e inaspettato. Mi sfuggì un lamento ma Joe non gli diede alcun peso. Continuava a spingere il suo pisello avanti e indietro. Io avevo la sensazione che mi arrivasse nello stomaco. Ma Joe spinse ancora di più. Colpi decisi, impietosi. Mi teneva fermo con una mano sulla nuca, poi sentii il suo piede appoggiarsi sulla mia testa, con tutto il peso, facendomi affondare nel materasso. Lui continuava a scoparmi senza rallentare, anzi, aumentando il ritmo. Io, in stato confusionale, tiravo fuori la lingua per leccare il suo tallone! Ormai sentivo il suo pisello uscirmi dalla bocca!
Poi si fermò.
Mi rimase dentro, per qualche minuto. Immobile. Avevo le lacrime agli occhi per il dolore e per una sensazione nuova, provata inaspettatamente. Dopo un po' sentii Joe tirare fuori il suo cazzo quasi del tutto. Non ebbi il tempo di provare sollievo però perché con un colpo deciso lo spinse di nuovo fino in fondo. Ripeté lo stesso gioco per qualche volta e mi accorsi che nella mia testa, il dolore lasciava posto al piacere. Ad un tratto mi sentii completamente rilassato, pronto a ricevere l'uccello del mio padrone per tutto il tempo che desiderasse. E anche Joe non era meno soddisfatto! – Hai un buco così stretto, è perfetto per me. Mi piace sentirlo che si apre!
Io ero in paradiso!
Il padrone continuò a fottermi. Il suo ritmo diventava sempre più deciso e regolare. – Prendi il mio cazzo fino in fondo, schiavo, – sussurava intanto. – Tu mi appartieni. Ti scoperò ogni volta che mi pare!
Sentirlo parlare mi eccitava ancora di più. Avrei voluto che continuasse a scoparmi per sempre! Invece, dopo una decina di minuti, sentii il suo corpo irrigidirsi, le spinte fermarsi. Joe spinse il suo uccello fino in fondo e si fermò. Sapevo che era solo la mia suggestione, ma sentivo il suo cazzo ancora più gonfio, pulsare dentro di me. Con un urlo liberatorio il mio padrone mi sborrò dentro. Almeno cinque fiotti di sperma. Mi parve di sentirli tutti, uno dopo l'altro. Lui crollò sopra di me, esausto quasi quanto lo ero io. Il suo pisello, ancora dentro di me, si sgonfiava lentamente. Dopo un po' si girò di lato, sprofondando nel letto, lasciandomi letteralmente con un senso di vuoto.
– Puliscimi! – fece appena in tempo a dirmi, prima di addormentarsi.
Feci quello che mi era stato ordinato .
Poi presi la mia ricompensa. Quella che mi era stata concessa dal mio primo padrone. Recuperai i suoi calzini, mi inginocchiai ai piedi di Joe e adorando gli uni e gli altri, concentrando nella mia mente tutte le esperienze vissute in quel giorno, mi feci la sega più bella della mia vita!

Mi svegliai prima di Joe, sabato mattina. Ero in cucina a lavare i piatti rimasti sporchi da qualche giorno e sentii il mio padrone chiamarmi dal piano di sopra.
– Devo pisciare, schiavo!
Corsi in camera. Si liberò abbondantemente nella mia bocca e poi mi ordinò di preparargli la colazione. La giornata cominciava nel migliore dei modi!
Dopo mezzora, non essendo ancora sceso, decisi di portare al mio padrone la colazione a letto e mi inginocchiai ai suoi piedi aspettando che finisse.
– Sai, – iniziò lui – c'è un ragazzo a scuola. Anche lui vuole diventare mio schiavo. Ho deciso che lo manderò da te. Gli dirai tutto quello che ha bisogno di sapere.
Istintivamente provai gelosia per il nuovo intruso. Era più forte di me. Sapevo bene però che il padrone non mi apparteneva. Ero io ad appartenere a lui. E un ragazzo come lui meritava di avere quanti più schiavi volesse. In più, non mi sorprendeva affatto che ci fossero tanti altri inferiori che desiderassero servirlo. Era solo questione di tempo!
– Lo farò, Signore. C'è qualcosa in particolare su cui devo istruirlo? – gli chiesi.
– No, – rispose Joe – soltanto assicurati che capisca bene cosa vuol dire essere uno schiavo e cosa mi aspetto da chi mi appartiene. Dagli qualche dritta su come succhiare cazzi. Tutti i miei schiavi devono essere bravi come te! – aggiunse ridendo.
– Stai tranquillo, Padrone – dissi io, gongolando per il velato complimento appena ricevuto. Per uno schiavo è talmente importante sapere di essere in grado di soddisfare il proprio padrone! – Mi assicurerò che capisca quale onore sia appartenere ad un dio come te!
– Si chiama Tim – riprese Joe. – È nella mia stessa squadra di baseball. Non riesce a staccarmi gli occhi di dosso. L'altro giorno l'ho preso da parte, nello spogliatoio, e gli ho concesso di farmi un bocchino. Ho avuto paura che me lo staccasse!! Era affamato! Così gli ho detto che avrebbe potuto avere l'onore di succhiarmi il cazzo molto più spesso se avesse accettato di diventare il mio servo. Lui ha detto di sì senza neanche pensarci! – Un sorriso soddisfatto era stampato sul viso del mio padrone.
– Signore, gli darò tutte le istruzioni che serviranno! – gli promisi.
Un altro schiavo nel serraglio di Joe. Non ero sorpreso, solo infastidito. Sapevo però che quello non era che l'inizio. Col passare del tempo, sempre più servi avrebbero bussato alla porta del mio padrone.
Sarebbe stato un lavoro durissimo riuscire a rimanere il migliore!

1 commento:

Mat ha detto...

Ma.. come si fa a diventare schiavi di qualcuno e vivere questi momenti?!?!? Lo vorrei tanto...