martedì 26 ottobre 2010

FEET IN TRANSLATION - Il mio nuovo vicino - nona parte

per la rubrica


TALE PADRE TALE FIGLIO
ma si potrebbe anche dire
QUANDO L'ALLIEVO SUPERA IL MAESTRO.
la storia vira un po' troppo nel surrealismo
e il servo
ormai navigato
sguazza, perfettamente a suo agio,
in un mondo che non conosce
malattie veneree!

i toni sono sempre più forti,
mi rendo conto,
per cui giova ribadire il monito che introduceva l'ottava parte:

L'INCAUTO BAMBINETTO
CHE
PER SBAGLIO
SI TROVASSE A GIROVAGARE PER QUESTE PAGINE
SAPPIA CHE QUELLA CHE SEGUE
NON È LETTURA GIUSTA PER LUI



Il mio nuovo vicino

nona parte


Corsi incontro al mio nuovo padrone, mi inginocchiai davanti a lui, chinai la testa e, umilmente, baciai i suoi piedi.
– Questo non è abbastanza per me! – disse Joe. – Mio padre è troppo buono con te. Ogni volta che entro in casa tua tu ti stendi completamente sul pavimento e baci i miei piedi fino a che non schiocco le dita. Dopo di che puoi metterti in ginocchio per aspettare gli ordini!
Senza fiatare mi distesi a pancia in giù e baciai i suoi piedi, di nuovo. Lui si allontanò quasi subito ma io rimasi lì, come un tappeto, aspettando un cenno da Joe. Dopo un paio di minuti sentii le sue dita schioccare. Con la testa bassa, in segno di rispetto, mi avvicinai a lui e tornai nella posizione di attesa, in ginocchio. Joe si tolse la maglietta mettendo in mostra un torace muscoloso, perfetto, che di sicuro faceva impazzire tutte le ragazze della scuola.
– Spogliami, servo! – ordinò. Lo aiutai a togliersi le scarpe e i calzini. I suoi piedi grandi, regolari, maschili, uscivano dai calzini rimanendo appena umidi e caldi. L'odore era inebriante, irresistibile.
– Bacia! – disse il mio nuovo padrone, semplicemente. E la pianta del suo piede mi arrivò diritta in faccia. Io baciavo con devozione quel piede morbido, così diverso dalla virile ruvidità a cui ero abituato. Ma i piedi di Joe non erano meno autoritari per questo. Né meno eccitanti. Anzi, avevano l'odore penetrante tipico dei ragazzi giovani, sportivi, sempre in scarpe da ginnastica e calzini di spugna. Avrei continuato a leccare quei piedi per ore ma il mio padrone mi ordinò di continuare a spogliarlo. Lo aiutai a sfilarsi jeans e boxer. Cazzo, pensai, tutto suo padre!! Il suo uccello era lungo e grosso almeno come quello di Paul. Un pelo folto, castano chiaro, incorniciava quella perfezione.

Fece un passo verso di me e la mia faccia affondò nel suo pacco! Sapevo bene che non mi conveniva muovermi! Il suo cazzo, ancora moscio, poggiava sulla mia fronte!
– Annusami le palle, schiavo. Respira! Passerai un sacco di tempo col tuo naso nel mio pacco, quindi è meglio che cominci a prendere confidenza con l'odore! – disse Joe.
Quando gli sembrò sufficiente, si scostò un po' e cominciò a sbattermi il suo pisello in faccia. Mi colpiva, mi schiaffeggiava prima da una parte e poi dall'altra. Era chiaro che lo divertisse moltissimo avere di fronte a sé un essere umano talmente inferiore da lasciarsi schiaffeggiare dal suo cazzo senza reagire. – Adesso puoi succhiarmi le palle!
Mi abbassai un po' per poter raggiungere un paio di palle gonfie e sode. Iniziai prendendone in bocca una. Cercai con tutto l'impegno possibile di prendere in bocca anche l'altra. Il mio padrone guardava dall'alto i miei tentativi goffi sghignazzando divertito. Alla fine chiesi perdono a Joe, ammettendo che le sue palle erano troppo grandi per prenderle in bocca contemporaneamente. Così feci del mio meglio prima con una e poi con l'altra, mentre il padrone, con la mano sulla mia nuca, mi dava segnali decisi su come voleva che mi muovessi.
– Stai andando bene, servetto. Che ne dici di succhiarmi un po' il cazzo adesso? – una domanda che non attendeva risposte, ovviamente.
D'altra parte io non vedevo l'ora che arrivasse quel momento. In un attimo la mia bocca ospitava quel pisello enorme e ancora non perfettamente duro. Mi preparavo a fargli il miglior servizio che avesse mai ricevuto. Immaginavo che Joe potesse essere piuttosto abituato a quel tipo di piacere. Le ragazze probabilmente facevano a gara per soddisfarlo. Ma io avevo fatto pratica, avevo studiato, conoscevo tecniche che, ne ero certo, nessuna di quelle sgualdrinelle vestite da cheerleader si sarebbe mai sognata. I mugolii del mio nuovo padrone sembravano confermare le mie intuizioni! Non ci volle più di qualche minuto prima che Joe afferrasse la mia testa e spingesse il suo uccello fino in fondo alla mia gola. Sentii i fiotti di sborra scendermi giù per l'esofago. Peccato, avrei voluto assaporare quel nettare prima di ingoiarlo ma, certo, potevo dirmi completamente soddisfatto della pronta risposta di Joe! Il padrone, quasi dimenticandosi della mia esistenza, lasciò il suo pisello afflosciarsi direttamente nella mia bocca. E i miei pensieri furono tutti per Clayton e alle sue lungimiranti tecniche di respirazione!
– Tu sei un succhiacazzi nato! – disse poi mentre il suo pisello ormai a riposo spariva nei boxer. – Hai veramente un talento, credo che la tua bocca sarà piuttosto impegnata da ora in avanti! Adesso vediamo se oltre a succhiare cazzi sei anche bravo a cucinare. Preparami qualcosa!
Misi insieme un panino con quello che c'era nel frigo e glielo portai, insieme ad una birra ghiacciata. Nessun ringraziamento era atteso e nessun ringraziamento arrivò. Ma il padrone cominciò subito a mangiare, così pensai che anche la prova in cucina l'avessi superata. Mi sistemai per terra, aspettando che finisse, e lui, con una naturalezza che mi fece quasi venire, allungò il suo piede verso di me per un massaggio rilassante.
Altro sandwich, altra birra, altro massaggio.
Era tempo di andare. Aveva un appuntamento con un suo amico di college. Prima però, per ricompensarmi, così disse, mi fece l'onore di pisciarmi in bocca. Ed io mi mostrai riconoscente di un premio così abbondante!

Più tardi, la stessa sera, fui svegliato dal telefono.
– Porta qua il tuo culo da schiavo, immediatamente! – Io dormivo già ma il giovane padrone aveva appena suonato il campanello e il servo non aveva tempo da perdere!
Mi trascinai fuori dal letto e mi vestii per attraversare la strada. Aprii la porta con le chiavi che mi erano state consegnate da quando ero diventato anche il governante della casa. Salii direttamente in camera di Joe e lo trovai sul letto, nudo, a gambe divaricate, e col suo cazzo in mano, già duro. Una visione da rimanere storditi.
– Che cazzo guardi, coglione?! – mi chiese il padrone.
– Sono venuto qui il più presto possibile, Signore – risposi, scuotendomi.
– Sarah non me l'ha data stasera, quella puttana frigida! È l'ultima volta che la porto fuori. – E aggiunse: – Oggi ti toccano gli straordinari... – indicando il suo uccello!
Si mise comodo, portando le braccia dietro alla nuca. Io mi avvicinai con rispetto a quel pisello che già quel pomeriggio avevo avuto, pulsante, dentro alla mia bocca. Dovevo offrire al padrone qualcosa di diverso, dovevo usare un'altra tecnica, imparata dalle mie ricerche su internet! Lo presi tutto in bocca, fino a sentire la punta del glande premere sulla mia ugola! Il mio naso era immerso nel cespuglio di peli castano chiaro del suo pube. Sperimentai con Joe la tecnica dell'8!! Iniziai a disegnare un percorso a otto col mio naso, lasciando che la bocca facesse il resto. La tecnica sembrava funzionare, lui godeva in modo per niente discreto, al punto che ebbi paura che tutto il vicinato potesse sentirlo. Cinque minuti di orologio e cinque abbondanti fiotti di sperma inondarono la mia bocca. Questa volta ebbi il tempo di assaporare quel liquido denso e caldo. Un sapore fantastico, del resto, mi sarei sorpreso del contrario! Joe era così contento dell'intenso piacere che gli avevo regalato, che mi accarezzò la nuca con la mano. Ed io sentii il mio legame con lui fortificarsi, irrobustirsi, come pure divenne più robusto quello che avevo fra le gambe!! Leccai con devozione le gocce di sperma ancora imprigionate dal pelo arricciato del mio padrone. Mai avrei immaginato che lui mi facesse un altro regalo. Invece tirò su stancamente una gamba. Col suo piede nudo cercò la mia fronte. Ci si appoggiò col peso di chi, dopo esser venuto, vuole solo dormire. Mi spinse ai piedi del letto: – Fatti una sega e poi sparisci! – mormorò, quasi addormentato. Il suo piede caldo aveva ancora l'odore delle scarpe tolte da poco. Le stesse scarpe erano sotto il mio naso, probabilmente lasciate cadere dal padrone dopo essersi buttato sul letto. Quasi non avrei avuto bisogno di toccarmi il pisello per quanto la situazione mi eccitasse. Come in trance, allungai una mano e presi una delle scarpe da ginnastica che fino a qualche minuto prima vestivano i piedi del mio giovane padrone. Sempre con la faccia affondata nel suo piede, respirando il suo odore, sfiorai le mie palle con la punta della scarpa. Era come se il padrone si trastullasse distrattamente col suo schiavo, dandogli dei colpetti sui coglioni. Un colpo un po' più forte e sparai il succo dei miei testicoli direttamente sul pavimento. Per fortuna Joe non se ne accorse mai. Mi sbrigai a pulire il casino che avevo combinato, mi rivestii e ringraziai il mio padrone che però già dormiva tranquillo.

Di mattina presto ero di nuovo in quella casa, insieme ad Alan, per sbrigare le faccende domestiche che ci competevano. Paul era fuori città con la sua schiava Karen (già moglie di Alan!). Dovevamo fare il tutto nel modo più silenzioso perché Joe stava ancora dormendo.
Finalmente il giovane padrone si alzò. Erano le dieci, uscì dalla camera completamente nudo. Io baciai i suoi piedi prostrandomi di fronte a lui e lui schioccò le dita quasi subito. Scattai in ginocchio, in posizione di attesa! Non ebbe neanche il bisogno di parlare. Soltanto allargò un po' le gambe e mise le sue mani sui fianchi. Era evidente che dovesse pisciare e che non sarebbe arrivato fino in bagno. Così presi in bocca il suo pisello e aspettai che l'urina cominciasse a sgorgare. Non dovetti aspettare molto in realtà. Il padrone si dimostrava completamente a suo agio nel servirsi di orinatoi in carne e ossa! Mandai giù tutto, non senza difficoltà. Sembrava che il giovane padrone si fosse scolato qualche bottiglia di birra in più del solito, la notte precedente. Una volta finito, leccai via le ultime gocce dalla sua cappella.
– Servo, preparami qualcosa da mangiare – ordinò.
– C'è qualcosa in particolare che ti andrebbe, Signore? – domandai. Lui ordinò uova, bacon, toast e succo d'arancia. Carne che cresce, pensai! Cucinai il tutto nel più breve tempo possibile cercando di non farmi distrarre dalla visione di quel ragazzo nudo, alto due metri, seduto al tavolo della cucina con aria assonnata! Gli servii la colazione ed aspettai che mangiasse con calma, seduto per terra ai suoi piedi. Poi si alzò, andò in camera sua e fece segno di seguirlo. Mentre si vestiva mi diede gli ordini per la giornata. A che ora sarebbe rientrato, cosa avrebbe mangiato per cena, cosa avrei dovuto fare durante la sua assenza. Prese le chiavi della Mustang e se ne andò. Io e Alan tornammo alle nostre faccende domestiche!

La sera si svolse nel modo più classico. Joe tornò all'ora stabilita. Io gli servii la cena che lui stesso aveva ordinato. Mi diede il permesso di cenare in sua presenza così tagliai metà bistecca e la poggiai per terra, ai suoi piedi. Joe mi passò un piatto, e io baciai la sua mano in segno di gratitudine. Poi realizzai che il gesto non era una cortesia per premiare il servo dell'anno! Al padrone piaceva l'idea di annaffiare la carne con il suo piscio, in modo che non risultasse troppo secca! – Ora il tuo piatto è pronto – mi disse, ridendo. La situazione era davvero degradante, ma quegli esercizi di comando del giovane Joe valevano di sicuro tutta l'umiliazione che ero costretto a sopportare!
Il telefono squillò proprio mentre portavo via i piatti dalla tavola. Era Paul, il mio primo padrone. Mi diceva che Clayton e suo fratello avrebbero fatto una festa con qualche loro amico ed io ero stato “dato in prestito” per servire gli invitati! Mi disse di chiamare Clay per sentire da lui quando mi dovessi presentare e quali altri ordini avesse per me. E poi sottolineò per l'ennesima volta che ogni mancanza nei confronti di Clayton sarebbe stata una mancanza nei suoi confronti! Ringraziai il padrone, promettendogli che non l'avrei desluso e riagganciai.
Chiamai Clayton immediatamente. Mi disse di presentarmi a casa sua alle 19,30 e di indossare un cock-ring! Un cock-ring! La richiesta mi rese un po' nervoso. Sapevo di dover servire nudo perché la mia condizione di schiavo era nota a Clay e probabilmente a tutti i suoi ospiti. Ma quell'aggeggio che senso poteva avere? Era chiaro che la mia prestazione non si sarebbe limitata soltanto a servire qualche tartina!

Arrivai puntualissimo a casa di Clayton. Una casa piuttosto isolata, a nord della città. Il mio istruttore mi presentò Mark, suo fratello, che sembrava essere molto più piccolo di lui. Mark, nonostante la sua giovane età, dimostrò presto il suo carattere, accogliendomi con un pugno in pieno volto. La mia mancanza, mi fece sapere solo subito dopo, era quella di non averlo salutato in modo appropriato, inginocchiandomi davanti a lui; errore a cui rimediai velocemente. Si preannunciava una serata per niente facile, pensai, mentre spingevo la fronte fino ai piedi del fratellino cattivo!
Mi spogliarono e mi diedero direttive per preparare la casa in attesa degli ospiti. A giudicare dalle casse di birra, non sembrava in programma una cenetta fra intimi!
Gli amici di Clayton e Mark iniziarono ad arrivare intorno alle otto. Fra loro c'erano anche ragazzi della mia stessa palestra, il che non mi sorprese, mi fece soltanto vergognare di più! Nessuno si mostrò stupito dalla presenza di un ragazzo nudo, con un cock-ring e un vassoio in mano pieno di antipasti. Ovviamente Clayton aveva provveduto a spargere la voce. Nessuna sorpresa dunque ma molta curiosità e tutti mi fissavano come si guarda un fenomeno da baraccone in un circo. Questa attenzione non aiutava a mettermi a mio agio! L'unica ragione per provare meno vergogna era il buon fisico che avevo costruito in palestra grazie agli allenamenti con Clay! Almeno quello!
La festa si svolse in salotto, di fronte ad un televisore di sessanta pollici (in cui riconobbi la sorte di qualche mio extra consegnato a Clayton prima di ogni allenamento!). Il megaschermo era sintonizzato su una partita di basket che raccoglieva un'attenzione distratta. Sembrava infatti che la maggior parte degli ospiti fosse più interessata alla novità della serata. Ovvero a me! Mi diedero un gran daffare ordinando birre, panini e qualsiasi cosa venisse loro in mente. Io mostravo il dovuto rispetto nel servire tutti quei maschi dominanti. Porgevo quanto mi veniva richiesto inginocchiandomi ogni volta e questa forma di riguardo finì per inebriare la gran parte degli invitati. Ben presto anche quella minima titubanza che c'era all'inizio, scomparve, inghiottita dall'alcol. Cominciarono a darmi pacche sul sedere, a chiamarmi con diminutivi ridicoli. Un ragazzo addirittura provava gusto a darmi piccoli colpi sul pisello, che, grazie al cock-ring, faceva bella mostra di sé. Era di gran lunga l'esperienza più imbarazzante capitata fino ad allora nella mia nuova vita da schiavo.
Poi la partita finì, la festa si spostò in giardino, ed io divenni non più l'attrazione principale della serata bensì l'unica attrazione! Mi fecero salire su un tavolo e tutti si raccolsero intorno facendo commenti sul mio cazzetto e su come un uomo potesse arrivare a scegliere volontariamente di sottomettersi ad altri uomini. L'unico mio istinto era quello di coprirmi ma sapevo che non sarebbe stato il giusto atteggiamento per uno schiavo, avrei soltanto peggiorato la situazione. Cercavo di ripetere a me stesso che l'umiliazione era parte della mia natura e questo mi aiutava a sopportarla.
La festa andava avanti, l'alcol continuava a scomparire nelle gole degli invitati, che sembravano senza fondo. Ad un certo punto si aggiunse anche il fumo.
Mark mi si avvicinò con una bottiglia di birra in una mano e una pillola nell'altra.
– Manda giù questa! – mi disse.
Chiesi cosa fosse e per tutta risposta ottenni un calcio nelle palle che mi fece rimanere senza fiato per qualche secondo.
– Tieni chiusa quella bocca del cazzo e fa' quello che ti viene detto – ebbe la compiacenza di aggiungere Mark. Buttai giù birra e pillola, sperando che non mi accadesse niente di pericoloso!
– E adesso continua a fare quello che stavi facendo – aggiunse il fratellino di Clay. – Vedrai che tra un po' ti sentirai meglio, più sciolto!
Tornai in mezzo agli ospiti cercando di servire tutti nel modo migliore. Dopo una ventina di minuti la pastiglia cominciò a fare effetto! Persi ogni inibizione. Ero completamente a mio agio girando nudo in mezzo a tutta quella gente. Non mi imbarazzava più che tutti mi guardassero. Anzi, desideravo che tutti mi guardassero. Mi sentivo alla grande!
Mark osservava il mio nuovo atteggiamento con un sorrisetto stampato in faccia. Aspettò ancora qualche minuto poi mi portò al centro del giardino, mi fece mettere in ginocchio, mi legò le mani dietro la schiena. Poi prese una sedia, la sistemò proprio di fronte a me, si sedette, si tolse le scarpe, che portava senza calzini, e mi piantò un piede in faccia ordinandomi di darmi da fare! Con un pubblico di circa trenta persone, io tirai fuori la lingua e cominciai a leccare il suo piede. Mark poggiò anche l'altro sulla mia faccia, li muoveva impastandomi il viso con decisione ed io continuavo a leccare quello che di volta in volta trovavo a portata di bocca. I ragazzi erano esaltati dallo spettacolo. Ridevano e commentavano, facevano battute degradanti su quanto si potesse arrivare a strisciare! Quando Mark decise che ai suoi piedi fosse stata data la giusta attenzione, si alzò, si tolse pantaloni e boxer e, senza esitazioni, infilò il suo pisello, già eccitato, nella mia bocca. Io ero in uno stato di euforia che non avevo mai provato, non sentivo il minimo imbarazzo. Godevo al pensiero che tutti quanti potessero vedere che bravo succhiacazzi fossi. Mark intanto scopava la mia gola con colpi sempre più decisi. Il suo pisello era molto simile a quello del fratello, diritto, grande. Sentivo il suo piacere crescere sebbene io non stessi facendo nulla per farlo godere di più. Era evidente che la situazione eccitava molto anche lui. Mi ritrovai con la bocca piena del suo sperma. Mark mi ordinò di non mandarlo giù.
– Fa' vedere ai nostri ospiti a cosa serve la tua bocca! – disse. Con la bocca spalancata, in modo che tutti potessero vedere, girai su me stesso, pur rimanendo in ginocchio. Sentivo risate, applausi, espressioni di disgusto. Soddisfatto, Mark mi ordinò di inghiottire. Si pulì la cappella sulla mia guancia e invitò chiunque avesse voluto, ad approfittare di me, in qualsiasi modo.
All'inizio furono in pochi. Ma poi, man mano che la birra veniva scolata, man mano che l'erba veniva fumata, sempre più ragazzi vollero farsi un giro con l'attrazione della festa. E la mia voglia cresceva insieme alla loro. Più ragazzi volevano usarmi, più io desideravo essere usato. Succhiai cazzi di tutte le grandezze, di tutte le forme, grossi, piccoli, storti, circoncisi. Leccai piedi, scarpe, sputi. Per non parlare poi del prodotto dei fiumi di birra consumati in poche ore. Fui costretto a bere litri di piscio. Mark mi aveva trasformato in una puttana da quattro soldi messa a disposizione di tutti. Sono certo che durante la serata avrò spompinato ogni singolo invitato almeno una volta. Persino il ragazzo della pizza a domicilio rimediò una mancia molto diversa da quella a cui era abituato. Tutta la sborra che non finì nella mia bocca, la ritrovai sulla mia testa rasata, sulla mia faccia, sul mio corpo.
La festa finì intorno alle due. Finì anche l'effetto dell'acido e io mi sentii sfinito. Clay sciolse la corda intorno ai miei polsi. Le mie mani avevano perso sensibilità e le ginocchia mi facevano terribilmente male, per esser state a contatto col pavimento tutto quel tempo.
Arrivai a casa e collassai sul letto, senza neanche farmi una doccia!
Mi svegliai alle nove. Domenica mattina. Puzzavo così tanto che mi veniva da vomitare. Mentre l'acqua scioglieva lo sperma ormai secco, io mi chiedevo se la mia totale mancanza di freni e di inibizioni fosse dovuta davvero alla pastiglia di Mark e non invece dalla mia natura più profonda, che l'acido aveva soltanto aiutato a far emergere.

Joe mi chiamò verso le dieci: – Devo pisciare! – e riagganciò!
Mi vestii in fretta e mi precipitai da lui. – Non farmi aspettare quando devo pisciare! – mi disse in tono a metà tra l'assonnato e il distratto. Non erano passati neanche tre minuti da quando mi aveva chiamato al telefono! Era ancora nel letto e non aveva l'aria di uno che volesse alzarsi tanto presto. Soltanto, si avvicinò al bordo ed io presi in bocca il suo pisello. Lui, come se fosse la cosa più normale del mondo, svuotò la vescica nel suo orinatoio personale e sospirò soddisfatto. – È una figata avere un cesso portatile quando non hai voglia di alzarti per pisciare! – Si girò sull'altro fianco e si riaddormentò all'istante senza aggiungere altro. Io, silenziosamente, tornai a casa.
Più tardi, nel pomeriggio, il padrone venne a trovarmi. Io mi stesi velocemente sul pavimento per salutarlo in modo appropriato, ma lui neanche si fermo per lasciarsi baciare i piedi. Si sdraiò sul divano e schioccò le dita. Strisciai fino a lui.
– Preparami un paio di panini, e fanne uno pure per te – ordinò. Sistemai i panini in un piatto che poggiai sul tavolino di fronte al divano, insieme ad una ciotola con frutta fresca e ad un bicchiere di latte. Prima che potessi sedermi ai suoi piedi per mangiare il mio sandwich, lo prese, lo aprì, e, rumorosamente, ci sputò dentro. – Mangia! – mi disse poi, restituendomi il panino. Così feci, solo dopo aver ringraziato il mio padrone, baciando i suoi piedi. Stavo imparando a consumare i miei pasti in fretta, in modo da poter essere sempre a disposizione del mio padrone. Aspettai che lui finisse comodamente il suo spuntino. Ammirando i suoi piedi mi accorsi che le unghie avevano bisogno di cure, così chiesi a Joe il permesso di potermene occupare. Lui mi guardò con aria incredula. Credo che in quel momento ebbe la piena consapevolezza della mia assoluta dedizione. Si rese conto di quanto mi venisse naturale pensare al piacere e alla comodità di un essere superiore come lui. Senza parlare, tornò a seguire la partita in televisione e allungò un piede verso di me. Cominciai a tagliargli le unghie!
Dopo la pedicure passai al massaggio. Joe sembrava ignorarmi completamente. Invece all'improvviso si rivolse a me. Io quasi sussultai.
– Così ti piace davvero fare quello che fai, essere un verme, strisciare di fronte ad altri uomini? – la domanda mi sorprendeva ma non avevo bisogno di riflettere per rispondere.
– Sì, Signore, è quello che sono.
– Come mai? Insomma, nessuno vorrebbe arrivare così tanto in basso! – aggiunse lui. Era evidente che la sua personalità, pur permettendogli di usare un altro uomo come suo orinatoio personale, proprio non contemplava la scelta di umiliarsi volontariamente di fronte a qualcuno.
– È quello per cui sono nato, Padrone – mi limitai a dire.
Lui continuò a guardarmi, un po' pensieroso. Poi nei suoi occhi si affacciò la fierezza di chi vuole possedere il mondo.
– Leccami i piedi, schiavo! – disse.
Ed io così feci, con grande piacere.

1 commento:

Anonimo ha detto...

sto seguendo tutte le puntate con una curiosità incredibile...troppo bella la storia e scritta benissimo...