lunedì 29 giugno 2009

(in the cage) BLOCCO 2


I miei preferiti erano due. Il figo perché bello e il figo perché paraculo. Uno era moro, capelli mossi, occhi chiari, nobile, almeno nel cognome. L'altro era biondo, capelli lisci, occhi castani, decisamente più verace. E, manco a dirlo, dividevano il banco. Me li son portati dietro dalla prima elementare. Non ricordo quando ho cominiciato a fantasticare sui loro piedi, ma ricordo molto bene il momento in cui, in un colpo solo, appagai la mia curiosità. Eravamo in terza media, otto lunghi anni più tardi!
Nel frattempo avevo atteso pazientemente senza che si presentassero giuste occasioni. Non che fossi lo sfigato emarginato della classe. Anzi, son sempre stato ben voluto, cercato, pure protetto e tuttavia percepito come quello un po' strano. Mai classificato come finocchia, se è questo che si può pensare, però neanche amico di spogliatoio (né mi ci son saputo fingere, pure solo per bieco tornaconto personale). Così aspettavo e raccoglievo quanto mi si presentava davanti agli occhi. Ancora mi vergogno se ripenso a quante volte mi son voltato dal secondo banco perché il figo-bello, due banchi più indietro, si era presentato con un orribile mocassino color mogano, senza calzini. Non volevo far altro che guardare e mi giravo pensando di essere un bravo dissimulatore. Forse mi sarei dovuto applicare di più! Invece partivo sempre dai piedi e carrellavo fino al viso. Ma ero un bambino, l'ormone cominciava appena a girare...e su! Mi son reso conto di non essere un bravo dissimulatore quando, durante l'ultima carrellata, prima notai un sorriso strano sulla sua bocca e poi finii dritto dentro ai suoi occhi, che fissavano i miei, mentre la sua mano mi salutava in atto di totale, per quanto bonario, sputtanamento.
In terza media si parte alla volta di Torino. Dopo un interminabile viaggio, ci convogliano in una megacamerata. Camera comune, bagni comuni...è solo una questione di tempo, pensa il mio inconscio! Poco dopo, un crocicchio di compagni si raduna intorno al figo-paraculo, seduto sul letto! Tutti lo stanno guardando mentre si toglie le scarpe! Non capisco ma mi associo. Lui, sempre un po' cabarettista, mette su uno spettacolino improvvisato. La scarpa è già andata. Inizia a togliersi piano il calzino. Sembra uno spettacolino fatto apposta per me. Tallone sottile, pelle chiara. Mi affaccio un po' di più per vedere meglio. Il dorso ora è tutto scoperto. Nessun pelo, d'altra parte non è che un ragazzino biondo. Aspetto di vedere le dita. Lui si toglie di colpo il calzino ancora sul piede e la mia trepidante attesa si trasforma in delusione. Cipolla, dita storte, vene in rilievo. Forse a rivederli ora quei piedi, col gusto di oggi, avrei una reazione differente. Allora non ero pronto ad apprezzare la "particolarità". Non so perché ma mi è venuta subito in mente l'immagine di un lupo mannaro. Mah, vai a capire la psiche! In un secondo, il figo paraculo perde tutto il suo fascino, con buona pace per la sua inconsapevolezza. E, a corpo ancora caldo, a lutto ancora da elaborare, la mia cinica mente da feet-lover in erba già manda il licantropo per le sue foreste e concentra le speranze nella statistica del figo-bello.
Intanto sequenze di portici e moli antonelliane scorrono davanti ai miei occhi. La basilica di Superga si fonde grottescamente con la catena di montaggio della FIAT. E poi però si torna. Tutti nelle camerate. Siam sempre tredicenni, non si può mica tirarla per le lunghe. Niente aperitivi né murazzi per noi, solo doccia e riposo!
I bagni di una camerata non prevedono privacy. Si va, si viene in uno spirito di condivisione, provocando blocchi mentali e poi fisici in chi ha bisogno dei propri spazi ma regalando pure grosse, sospirate, attese soddisfazioni.
Il figo-bello è nobile dentro. Riesce ad essere aristocratico pure dovendosi adattare ai mezzi della plebe. E così la sua immagine rimane inviolata pure quando toglie il suo piede dalla ciabatta e lo affonda nel lavandino per un pediluvio dinamico. Io, alle sue spalle, mezzo incredulo, mi gusto la statistica servita su un vassoio di ceramica. Mi colpisce il suo piede liscio, il suo tallone già formato e, soprattutto, la sproporzione fra le dita, piccole piccole, e l'alluce che sembra gigante e tondo. Un piede immaturo per occhi immaturi. Lui mi parla. Io perfeziono la mia arte della dissimulazione. Esce dal bagno qualche minuto più tardi. Esce dalla mia vita qualche mese più tardi.
E ora che i suoi piedi saranno maturi? E ora che i miei occhi sono pronti? E ora ci si tura il naso e si fa il grande salto nel social network. Visto mai si riesca a fare una bella rimpatriata?


3 commenti:

marco ha detto...

eheh ciao, grazie, bel racconto, molto godibile e con infiniti spunti di immedesimazione ;))
eeeehh se ai tempi del liceo avessi avuto modo di vedere le sospirate piante dei piedi del mio adorato impossibile... dolci (e un po' mesti) ricordi... (e anche io ho ceduto a meta' alla tentazione del social network, a distanza di tanti anni, l'ho trovato ma non oso chiedere amicizia ;))))

feetmeet ha detto...

ma osa, osa, OSA!!! da una mia prima ricerca nessuno dei due si è iscritto da nessuna parte (che classe di tristi!!). dico, tu che puoi, chiedi l'amicizia, organizza tu stesso una rimpatriata per soli maschi, e SOPRATTUTTO, stabilisci il DRESS-CODE: serata infradito.

marco ha detto...

ahahahahahah :DDDDDDD non ne uscirei sano!! ;)))